La mosca più vecchia ha 17 milioni di anni
Scoperta in una goccia di ambra. Il fossile dell’antenato si è conservato perfettamente
L’antenato della mosca ha 17 milioni di anni. Perfettamente conservato, è rimasto intrappolato per tutto questo tempo in una goccia di ambra. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori della Sapienza di Roma.
L’hanno scovata tra decine di migliaia di pezzi di resina fossile, reperti unici messi insieme dall’entomologo David A. Grimaldi presso l’American Museum of Natural History di New York (collezione James Zigras): intrappolata nell’ambra c’era una mosca, o meglio, l’antenato delle (noiose) mosche domestiche conservato perfettamente dopo 17 milioni di anni. A capire che si trattava del primo fossile di mosca mai rinvenuto è stato il gruppo di ricerca internazionale guidato da Pierfilippo Cerretti, ricercatore del dipartimento di Biologia e Biotecnologie «Charles Darwin» della Sapienza di Roma. «Si tratta di un oestroideo, uno dei mosconi grigio-azzurri che bazzicano la carne per intendersi — precisa Pierfilippo Cerretti — Siamo certi che questo gruppo esisteva da molto più tempo, ma questo è il reperto più antico e, di fatto, l’unico al mondo».
Sono proprio David Grimaldi e il museo di Storia naturale di New York a volere il nostro ricercatore a capo del gruppo di studiosi, Cerretti è uno dei massimi esperti della materia: «Abbiamo radunato colleghi da tutto il mondo, ognuno ha eseguito esami sul fossile in base al proprio ambito disciplinare», racconta il ricercatore. E, così, dall’ambra sono emerse nuove testimonianze di vita primordiale sulla Terra: «Il gruppo dei Ditteri Calittrati, cui appartiene il fossile, conta 22 mila specie viventi — spiega Cerretti — eravamo stupiti che da una diversità così sbalorditiva non uscisse un reperto fossile, e invece l’abbiamo contestualizzato: rappresenta una delle più spettacolari radiazioni adattative nella storia della vita sul nostro pianeta».
Questi insetti sono presenti, in abbondanza, in tutti gli ecosistemi terrestri, e svolgono un ruolo chiave: «È difficile concepire oggi un mondo senza mosche — sottolinea il ricercatore — chissà chi c’era prima di loro, chi prenderebbe il loro prezioso posto di efficaci decompositori della materia organica e impollinatori?». Il reperto — proveniente dai giacimenti Miocenici a nord-est di Santiago (Repubblica Dominicana) — è stato esaminato attraverso tomografia assiale computerizzata, la Tac, che ha fornito dettagli anatomici fondamentali per l’identificazione dell’esemplare.
«Il fossile è stato usato per calibrare la filogenesi, lo sviluppo evolutivo, dei Ditteri Calittrati ottenuta su dati molecolari, rivelando che questi insetti si sono differenziati circa 70 milioni di anni fa, poco prima della grande estinzione di massa tra Cretaceo e Cenozoico — continua Cerretti —. Quindi l’origine degli oestroidei, ripeto i grandi mosconi spazzini, ebbe inizio più tardi nell’Eocene, circa 50 milioni di anni fa». La storia di queste mosche è simile a quella di altri gruppi animali e vegetali. «Studi di questo tipo — sottolinea ancora Pierfilippo Cerretti — servono a farci capire come funzionano gli ecosistemi oggi e come determinati esseri viventi abbiano tratto vantaggio dagli sconvolgimenti che hanno sancito la fine dell’era dei dinosauri».
La ricerca, iniziata nel 2014, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Plos One ed è un (meritato) riconoscimento anche per il lavoro svolto dal dipartimento di Biologia del primo ateneo romano: «Siamo tre entomologi, poi ci sono gli zoologi — dice Cerretti —, tante eccellenze nel campo della conservazione. Qui convivono diverse realtà, dai laboratori di microscopia ottica a quelli di biologia molecolare».
New York Decine di migliaia di pezzi di resina fossile esaminati al museo di storia naturale La tecnologia L’esemplare proviene dalla Repubblica Dominicana ed è stato sottoposto a Tac