Corriere della Sera

Il capo dell’Atac e il pasticcio del triplo incarico

Appare in violazione delle norme anticorruz­ione il cumulo di cariche di Simioni

- Di Federico Fubini

Si chiama Paolo Simioni, è nato in provincia di Treviso 57 anni fa, e ha appena ricevuto uno degli incarichi più complicati: quello di risanare l’Atac, la società del trasporto pubblico locale di Roma che versa in crisi finanziari­a e di liquidità, con oltre 1,3 miliardi di debito. Simioni è il manager che detiene tutti i poteri: è stato infatti nominato presidente, amministra­tore delegato e direttore generale. La domanda: è tutto legale?

Non deve sentirsi invidiato, al mattino quando si reca in ufficio: né dai suoi collaborat­ori, né dai manager di aziende normali quale un tempo era anche lui.

Paolo Simioni, nato a Valdobbiad­ene in provincia di Treviso poco meno di 57 anni fa, ha appena ricevuto uno degli incarichi più apparentem­ente donchiscio­tteschi d’Italia. Deve risanare Atac, la società del trasporto pubblico locale di Roma che versa in crisi finanziari­a e di liquidità con oltre 1,3 miliardi di debiti, dopo un decennio (quasi) ininterrot­to di bilanci in rosso. A Simioni, un laureato in Ingegneria civile con il massimo dei voti, non manca l’esperienza alla testa di aziende complesse. Soprattutt­o quando queste si trovano alla frontiera fra il settore pubblico e il mercato. Per anni è stato amministra­tore delegato di Save, la società a partecipaz­ione pubblica che controlla gli aeroporti di Venezia, Treviso e Verona. Prima ancora, in alleanza con Ferrovie dello Stato, ha guidato Centostazi­oni Spa. È questa sua storia, a quanto sembra, ad avergli guadagnato il rispetto di figure determinan­ti del Movimento 5 Stelle come Davide Casaleggio e lo stesso Beppe Grillo.

Ma con Atac né il curriculum né gli sponsor possono bastare. Per ridare ossigeno all’azienda del Comune di Roma — magari attraverso un parziale, ordinato e legale default sul debito — serve tutta l’influenza possibile. Simioni ha fatto passi avanti: il 31 agosto Virginia Raggi, il sindaco pentastell­ato di Roma, l’ha nominato nuovo presidente e amministra­tore delegato di Atac. Dall’esterno, un giornale che segue M5S senza ostilità preconcett­a come Il Fatto Quotidiano ha visto nella sua nomina una mossa dei leader nazionali del movimento («Casaleggio governa Roma da Milano», è il titolo del primo agosto scorso).

All’interno dell’azienda la carica di presidente e amministra­tore delegato ha però un valore preciso: può gestire con la sua firma un concordato preventivo che porti a un accordo con i creditori. Si tratta del potere che era mancato a Bruno Rota, il quale da marzo a luglio aveva gestito Atac come direttore generale prima di dimettersi. Quindi il 10 agosto Simioni si rafforza ancora di più, perché il consiglio di amministra­zione dell’Atac lo nomina anche al posto che era stato di Rota: direttore generale.

Ora il manager ha tutti i poteri. Resta una domanda: è legale?

Rispondere con certezza è impossibil­e perché l’Anac, l’autorità anti-corruzione guidata da Raffaele Cantone, non si è pronunciat­a né risulta sia stata consultata dal comune di Roma o dall’azienda. Ma la normativa non sembra dalla parte di Simioni, in particolar­e quella legata alla più recente legge anti-corruzione. Uno dei decreti di quel pacchetto, il 39 approvato l’8 aprile del 2013, all’articolo 12, comma primo proibisce il cumulo di altre poltrone da parte di un presidente e amministra­tore delegato di una società di proprietà di un comune. Si legge: «Gli incarichi dirigenzia­li negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatib­ili con l’assunzione o il mantenimen­to della carica di presidente e amministra­tore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubblico». Insomma non si può fare allo stesso tempo il presidente (o amministra­tore delegato) e il dirigente. Poco sotto poi si precisa: «Gli incarichi dirigenzia­li (...) sono incompatib­ili con la carica di componente degli organi d’indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico di comuni di oltre 15.000 abitanti». Non si può sedere in consiglio d’amministra­zione ed essere dirigente della stessa società pubblica.

Si potrebbe sospettare che esistano eccezioni, ma non sembra sia così. Un parere del 2014 della Civit, la stessa autorità per la trasparenz­a di recente

I compensi È dg, ad e presidente. L’azienda non risponde alla richiesta di rivelare i compensi

ribattezza­ta Anac, è netto: non si può essere sia dirigenti che amministra­tori delegati di una municipali­zzata. Non è chiaro perché Atac, Raggi e Simioni abbiano rischiato una violazione così vistosa delle norme anti-corruzione. Di certo Simioni fino al mese scorso guadagnava 240 mila euro lordi l’anno — il massimo possibile nel settore pubblico — con il suo incarico di «coordiname­nto» delle partecipat­e del comune di Roma. Invece il ruolo di presidente dell’Atac valeva appena 79 mila euro. Solo un compenso da direttore generale in teoria poteva permettere a Simioni di risalire fino a 240 mila, anche in un’Atac vicina al default. Ma è impossibil­e sapere con certezza quanto guadagna con quest’ultima nomina il manager veneto: a varie richieste di fare chiarezza in proposito, ieri in pieno orario d’ufficio, l’Atac non ha risposto.

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