Corriere della Sera

«Menu vegano alla Festa dell’Unità? Meglio salsicce»

- Olivio Romanini

Silvio Berlusconi Angelino Alfano

«Neanche a morire ci vado al ristorante vegano». Mauro Roda ha passato tutta la vita nel partito, è l’uomo che guida la Fondazione che controlla i beni degli ex Ds (case del popolo e circoli del Pd), non manca una Festa dell’Unità da 47 anni e non ha nessuna intenzione di mettere piede al Villaggio Veganok allestito per la prima volta alla kermesse di Bologna che si è aperta ieri. «Mi sembra — dice diplomatic­amente — un segnale di attenzione e di apertura. Anche negli anni ’90 i compagni si posero il problema di iniziare a cucinare i piatti per i celiaci». Essere vegani non è una malattia e l’esempio della celiachia non è molto

In Sicilia occorre che tutti dimostrino di tenere all’unità del centrodest­ra. Il voto non è una prova delle Politiche Abbiamo già votato sì allo ius soli Ora c’è una valutazion­e: le cose giuste nel momento sbagliato rischiano di diventare sbagliate

appropriat­o ma fa capire cosa Roda pensa davvero della novità. Dunque andrà al ristorante vegano? «Neanche a morire. Sono un carnivoro convinto e i compagni mi prenderebb­ero in giro. Io alle feste mangio la salsiccia dal 1970 quando nella mia sezione a San Donato riportammo a cantare Nilla Pizzi». Negli ultimi 47 anni Roda li ha visti tutti mangiare alle Feste: segretari, dirigenti di Botteghe Oscure, sindaci, fino a quelli del Nazareno. Si ricorda di Enrico Berlinguer «che mangiava poco e che non ha mai esagerato, neanche con il cibo» e del fatto che tutti erano contenti di venire in Emilia perché sapevano che a tavola sarebbero stati trattati bene. Ma qual è il menù che si serve quando arriva il segretario nazionale? «Tortellini in brodo e salsiccia con le patatine fritte». Anche d’estate. Anche a luglio quando c’erano 44 gradi e i volontari anziani friggevano le patatine nelle cucine senza fare una piega. Una volta però si mangiava meglio. «I compagni ferrovieri — ricorda Roda — si prendevano le ferie per andare a raccoglier­e le rane. Avevamo il vantaggio che non costavano niente. E poi si servivano fritte: erano buonissime». Uno che si difendeva bene a tavola era Sergio Cofferati e i compagni più anziani lo guardavano divertiti. Smisero di ridere una sera che versò il vino rosso nei tortellini come era abituato a fare a Cremona e lì capirono che le cose non sarebbero finite bene.

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Ieri e oggi Un volontario frigge, come tradizione, le crescentin­e

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