Corriere della Sera

L’ultimo saluto a Bruno, lo strazio della famiglia

I funerali di Gulotta ucciso a Barcellona: «Niente retorica, era un ragazzo d’oro»

- Giacomo Valtolina

Un’ora dopo la cerimonia, Martina è ancora lì, in un angolo di verde sul retro della basilica di Legnano, circondata dagli amici. Vestiti di nero, appoggiati alle cancellate, fumano una sigaretta dietro l’altra. Provano a trovare ancora parole da dire alla ragazza rimasta sola a crescere due figli. «Ma i giorni più difficili devono ancora arrivare», avverte il parroco, don Angelo Cairati. Ne sono passati solo sette dalla strage di Barcellona in cui la giovane madre ha visto il compagno Bruno, 35 anni, salvare il maggiore dei loro due piccoli, Alessandro (sei anni), prima di venire travolto da un furgone impazzito sulla strada turistica della Rambla, lasciando orfana anche la piccola Aria, battezzata qui solo 2 mesi fa.

Ieri quasi un migliaio di persone ha fatto sentire la forza del suo affetto ai parenti, affollando la basilica di San Magno, bellezza bramantesc­a e rinascimen­tale nel cuore della cittadina al confine della provincia milanese verso Varese. Con gli affreschi a sorvegliar­e, muti, il dolore di una città. Una parrocchia­na, occhi lucidi, riassume il sentimento collettivo: «Siamo tutti coinvolti, anche chi non aveva mai visto Bruno». Un calore inatteso che ha fatto comparire anche l’orgoglio sui volti dei familiari, resi gonfi e scuri da giorni di lacrime, rabbia e impotenza.

Già un’ora prima dei funerali, la piazza davanti alla chiesa aveva iniziato a riempirsi. Poliziotti, vigili e carabinier­i a proteggere tutte le vie d’accesso con le auto poste a mo’ di quei blocchi di cemento (jersey) oggi protagonis­ti del dibattito sulla sicurezza. Tra i primi ad arrivare Umberto Gulotta, padre di Bruno, occhiali scuri e cravatta ben annodata. Parla con chi lo abbraccia, ripete più volte la parola «strazio», racconta di tutti quelli che erano in vacanza a Barcellona e che non sono stati coinvolti, quasi a maledire quel destino che gli ha portato via il futuro. Chiede comprensio­ne ai cronisti: la famiglia preferisce il silenzio al chiasso di telecamere e tivù.

All’ingresso in chiesa, c’è una raccolta fondi per la cappella: sembra fare sponda con quella lanciata dai colleghi di Bruno, ieri commossi e disperati, tutti con la t-shirt nera aziendale: un martello intriso di circuiti informatic­i. Papà Umberto occupa la prima fila con la compagna; c’è mamma Maria Luisa e i tre fratelli di Bruno, Valentina, Lorenzo e Monica. Due di loro accompagna­no Martina, ieri senza figli. La accarezzan­o mentre singhiozza con la testa tra le mani e la tranquilli­zzano quando un impiegato troppo solerte le fa cedere il posto alle autorità (il ministro Martina, il governator­e Maroni e una sfilata di sindaci). Alcuni amici escono increduli («cosa le stanno facendo passare...»). Poi messa e omelia; incenso, lacrime e applausi. Bruno viene benedetto, cremato e l’urna portata al cimitero parco. «Niente retorica: era un ragazzo d’oro».

 ??  ?? La bandiera italiana Il feretro di Bruno Gulotta portato a braccia all’esterno della basilica di Legnano al termine dei funerali. Bruno lascia la compagna Martina e due figli (Matteo Bazzi/Ansa)
La bandiera italiana Il feretro di Bruno Gulotta portato a braccia all’esterno della basilica di Legnano al termine dei funerali. Bruno lascia la compagna Martina e due figli (Matteo Bazzi/Ansa)

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