LO DICO AL CORRIERE
Le lettere dell’estate
LAVORO Sgravi ai giovani Caro Corriere,
Leggendo dell’ipotesi dei nuovi sgravi sulle assunzioni ai giovani ho provato un moto di indignazione: perché limitare gli aiuti a chi ha al massimo 29 anni e così discriminare proprio quei ragazzi che laureatisi all’inizio della crisi hanno avuto e stanno ancora avendo le maggiori difficoltà e che ora hanno tra i trenta e trentacinque anni? Può uno Stato abbandonare la sua più sfortunata generazione di cittadini? Non credo siano accettabili le risposte che si basano su disponibilità fondi, perché basterebbe «dosare» i benefici, differenziandoli per anno di nascita, senza «salti» del tipo: ai nati dal 1988 tutto, a quelli del 1987 nulla. Neppure accettabili, mi paiono, le risposte che addossano tutto all’Ue ed ai suoi regolamenti, perché abbiamo visto quanto siano superabili quando esiste la volontà di farlo. Alfeo Fumagalli C aro Fumagalli, le sue obiezioni sono comprensibili. Ovunque il governo scegliesse di mettere un tetto d’età alle agevolazioni sulle assunzioni, scontenterebbe tutti coloro che sono oltre questa età. Il problema non ci sarebbe se si facesse come nel 2015, quando la decontribuzione fu concessa dal governo Renzi su tutte le assunzioni fatte quell’anno, senza distinzioni d’età. Ma quella misura è costata circa 18 miliardi di euro allo Stato. Troppo, rispetto ai risultati ottenuti. È vero infatti che l’occupazione dipendente è aumentata di 821 mila unità rispetto al 2014 e che in particolare i posti di lavoro a tempo indeterminato sono saliti di 445 mila. Ma è altrettanto vero che l’occupazione è salita soprattutto nelle fasce d’età più anziane, complice la riforma Fornero che ha inasprito i requisiti per andare in pensione, mentre l’occupazione giovanile (15-24 anni) è rimasta pressoché stabile, passando da 928 mila unità nel dicembre 2014, ultimo mese senza incentivi, a 973 mila nel giugno 2017. Di qui la decisione del governo Gentiloni di concentrare gli incentivi sui giovani. Se il tetto verrà fissato a 29 o 32 anni è ancora in discussione, ha detto ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: 32 sarebbe meglio, ma ancora più importante sarebbe rendere lo sconto permanente. (Enrico Marro)