Philip Seymour Hoffman indimenticabile Truman Capote
Truman Capote rappresenta la storia, dolce e feroce, dei rapporti letteratura e cinema a Hollywood, un match che ha mietuto vittime illustri impegnando talenti d.o.c. di Faulkner, Chandler, Fitzgerald.
Capote è un caso esemplare perché passa per latitudini opposte: nel ’61 il successo pazzesco di Colazione da Tiffany (scritto per Marilyn) la cui riduzione rappresentò un tradimento della cruda storia di escort nel modello suono di «Moon River» di Mancini. Capote non gradì, ma il conto in banca era un fiore. Nel ’65 c’è A sangue freddo, libro reportage capolavoro su un caso efferato di cronaca che impegnò lo scrittore reporter nell’assassinio di una famiglia del Kansas: il bel film di Richard Brooks, due anni dopo non fa sconti, è quello che sentiva l’autore pur non insistendo troppo sull’innamoramento di Truman per uno dei killer.
La premessa serve a spiegare che il film Truman Capote - A sangue freddo è un bio movie, una storia biografica che coglie lo scrittore più snob degli anni 60, deriso nella profonda provincia per la ricercatezza degli abiti, i suoi modi queer e la sua voce chiocciola (ben resa da Roberto Chevalier).
Ma il fattaccio (i due assassini sono giustiziati) di cui fu teste fino all’ultimo, anche per ragioni personali, seguito dalla gestazione del libro (un Garzanti evergreen) fece cadere l’autore in un abisso depressivo da cui non si rialzò più. E nel giro di pochi anni, il cinema ha due volte riannodato gli anni bui di questo massimo rappresentante della società gay-vip, dal trionfo dei sa- lotti di signore bene e feste al Plaza, al totale feroce dimenticatoio.
Il film di stasera (l’altro sarà Infamous) parla della psicologia contorta dell’infelice intellettuale Truman; è diretto da Bennett Miller ma il jolly è Philip Seymour Hoffmann, un attore potente, straordinario, di cui rimpiangiamo la prematura morte avvenuta per droga il 2 febbraio 2014 a 47 anni. Truman Capote - A sangue freddo di Bennett Miller, 2005 Sky cinema Cult ore 21