LA RIPRESA E TRE DUBBI SCOMODI
Due indizi sono una coincidenza ma tre continuano a costituire, e non solo per i giallisti, una prova. E in questi giorni dal palcoscenico rappresentato dal meeting dell’Amicizia di Rimini sono arrivate, per l’appunto, varie prese di distanza dall’ottimismo circolante. Prima ad opera del ministro Carlo Calenda, poi dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e infine, ieri, dal presidente della Confindustria Vincenzo Boccia. I tre hanno espresso rilievi differenti tra di loro: il ministro ha messo in guardia i suoi stessi colleghi e la maggioranza che sostiene il governo dall’illusione di aver superato definitivamente la crisi. Il Governatore ha definito meglio il concetto e ha parlato di una ripresa «congiunturale e non strutturale», condendo poi il giudizio con qualche tagliente rilievo sui ritardi della politica nel combattere abusivismo e sfascio del territorio. Boccia, invece, ha puntato sugli sgravi contributivi che il governo ha intenzione di inserire nella legge di Stabilità per favorire selettivamente l’occupazione degli under 29 e nella sostanza li ha definiti una mezza misura destinata a restare inefficace. C’è un minimo comune denominatore tra queste tre posizioni? Vanno tutte rubricate come critiche alla politica e di conseguenza all’azione di governo? Senza voler operare forzature il primo dato che allinea i tre è il timore che la campagna elettorale si concretizzi in una rissa continua sul tema dell’immigrazione e Calenda, Visco e Boccia giustamente tentano di riportare il focus sulle politiche delle risorse e dell’occupazione.
Le preoccupazioni dei tre sono condivisibili proprio perché, anche se il Pil va più veloce del previsto, la ripresa di cui stiamo parlando è palesemente jobless. Non riesce a trainare posti di lavoro (e nemmeno inflazione).
Una seconda preoccupazione — espressa più compiutamente da Calenda — è che il clima pre-elettorale comprometta anche quanto di buono è stato fatto finora. La propensione alla mancia potrebbe essere il tratto distintivo dell’autunno politico, almeno così sembra temere il ministro «scomodo» ma sicuramente timori analoghi possono ritrovarsi anche in Via Nazionale. E in fondo pure Boccia, chiedendo che le risorse vengano convogliate sul lavoro, lascia immaginare una condivisione dei timori di Calenda. Il terzo denominatore comune è un po’ la conseguenza di quanto detto: nei consessi internazionali si respira ottimismo per l’andamento dell’economia mondiale ed è la prima volta che i segnali di ripresa sono univoci per tutte le aree del globo; sarebbe disdicevole che solo noi perdessimo il treno. Attardandoci in dispute domestiche. Per avere una compiuta risposta del governo, per sapere cosa pensano a Palazzo Chigi o al ministero dell’Economia delle inquietudini che serpeggiano nell’establishment economico e non solo, forse bisognerà attendere il prossimo weekend con l’intervento del premier Gentiloni e del ministro Padoan al seminario Ambrosetti di Cernobbio. In quella sede, tradizionalmente aperta alla comunità internazionale, sarebbe utile una messa a punto degli obiettivi che il governo si pone per metterci al riparo dal rischio di perdere i mesi che abbiamo davanti e che, come detto, si presentano più che favorevoli. Quanto poi alle cifre che circolano sulle ricadute del provvedimento di taglio del cuneo previdenziale per gli under 29 (300 mila posti di lavoro in più, secondo i tecnici del governo, e 900 mila in più anni, secondo la proposta di Confindustria) forse sarebbe meglio essere tutti più prudenti. Qualcosa le vicende del Jobs act dovrebbero aver insegnato.
Prudenza A proposito delle cifre che circolano sulle ricadute del provvedimento di taglio del cuneo previdenziale per gli under 29 forse sarebbe meglio essere tutti più prudenti