Il record di Virginia Un addio al mese
Berdini: «A Raggi l’ho detto, sul Bilancio tu finirai a casa. Scellerato cacciare Mazzillo»
Doveva essere una squadra «rivoluzionaria», almeno così la presentava un anno fa Virginia Raggi in un celebre video in cui la sindaca guidava l’obiettivo nei corridoi del Campidoglio fino a introdurre la sua giunta che l’attendeva nella sala delle Bandiere. Invece, durante i 14 mesi al governo della Capitale, quella squadra la rivoluzione l’ha subìta. Andrea Mazzillo, uomo dei conti appena messo alla porta come i due predecessori al Bilancio (Marcello Minenna e Raffaele De Dominicis), è infatti solo l’ultimo di una lunga serie di addii. Quasi tutti, ed è questo il filo rosso che li unisce, accompagnati dalla polemica e dalle recriminazioni contro la sindaca. Protagonista, secondo molti degli epurati, di una sorta di mutazione politica da quando ha messo su la fascia tricolore. «Non rispetta i valori M5S», ha detto Mazzillo, per altro ex fedelissimo.
E pure Paolo Berdini, che lasciò l’Urbanistica a febbraio nella bufera, la pensa più o meno allo stesso modo. «È lei la pasdaràn, ormai per me è tutto chiaro. È lei che guida questo incattivimento, la chiusura mentale che li porterà alla rovina. Però lo scopriranno dopo... Certo, c’entra pure Casaleggio. Però è lei che si presta: evidentemente capisce che questa è l’ultima possibilità che ha, altrimenti va a fondo», dice l’ex assessore ancora col dente avvelenato. La prima grana fu lo scorso settembre, quando l’allora capogabinetto, Carla Romana Raineri, fece arrivare le sue dimissioni sul tavolo di Raggi dopo che la sindaca aveva chiesto un parere «fast» all’Anac di Raffaele Cantone sul suo stipendio. Seguirono le dimissioni «solidali» di Marcello Minenna e di Alessandro Solidoro, ai tempi ad di Ama, la partecipata dei rifiuti. A Milano si pensava ad un assestamento fisiologico. Invece quella dell’addio con porta sbattuta, anticamera del rimpasto, diventa da lì una pericolosa abitudine.
Per non parlare dei depotenziamenti e dei passaggi di delega (Daniele Frongia girò la fascia da vicesindaco a Luca Bergamo dopo il reset al «raggio magico», a metà dicembre) e delle inchieste che hanno tolto alla sindaca i due più stretti collaboratori (l’ex capo del Personale Raffaele Marra e l’ex capo segreteria Salvatore Romeo). E poi addii e siluramenti vari: tra i dirigenti comunali come il Ragioniere generale Stefano Fermante e nel sottobosco delle partecipate (il caso di Bruno Rota, ex dg di Atac, è quello più eclatante). Più i sei rimpasti in giunta. Un esercito di epurati. Solo di assessori fuoriusciti se ne contano ad oggi cinque, praticamente mezza giunta originale è saltata: Mazzillo, Minenna, De Dominicis al Bilancio, Paola Muraro che si è dimessa all’assessorato all’Ambiente il 13 dicembre 2016 dopo la notizia dell’arrivo di un avviso di garanzia a suo carico, e Paolo Berdini, titolare dell’Urbanistica fino a metà febbraio, uno dei pochi, insieme a Mazzillo,
L’inizio La prima grana a settembre 2016 Si dimise la capo di gabinetto Raineri L’ultimo caso Lo scontro sull’Atac ha determinato l’uscita di scena dell’assessore al Bilancio
che riusciva a collegare la sindaca con la base grillina. «È chiaro che Raggi con Mazzillo poteva anche mediare, lui è un gran signore — dice Berdini —. Hanno fatto un errore colossale. Peggio di quello fatto con me». Perché cacciare l’assessore al Bilancio mentre Atac si inoltra nel concordato e incombe la scadenza (30 settembre) del bilancio consolidato, può essere un grande rischio. «Io l’ho sempre detto alla Raggi — ancora Berdini —: guarda, a te ti mandano a casa sul bilancio. Quello consolidato è molto complicato. E poi nella Ragioneria non le vogliono più bene perché lei ha fatto quell’operazione con il Ragioniere generale. Lì, se possono, la puniscono. Lì possono molto. Hanno fatto proprio una cosa scellerata a mandare via Mazzillo. Lei, l’ha fatta».