E il filo dem Gary Cohn punta al posto di Janet Yellen
Le riforme decise dopo la crisi del 2007-2009 sono un argine rispetto al rischio che quella crisi si ripeta e non hanno impedito la crescita economica, sottinteso: l’amministrazione sbaglia a voler riportare indietro l’orologio sulle regole per il sistema finanziario. Le parole di Janet Yellen ieri a Jackson Hole suonano come un avvertimento a Trump: il mandato della governatrice della Fed scade a febbraio, e non è chiaro se il presidente voglia riconfermarla. Esponendosi in questo modo Yellen sembra dire: queste sono le mie condizioni per restare, una mossa che potrebbe allontanare la possibilità che le venga chiesto. Con buona pace degli attivisti liberal che ieri le hanno manifestato il loro sostegno indossando «parrucche alla Janet», con l’inconfondibile caschetto neve.
Tra i nomi più accreditati per prendere il suo posto c’è proprio l’uomo che sta assistendo Trump nella revisione delle regolamentazioni
La strategia Le mosse del consigliere economico di Trump
finanziare: il consigliere economico della Casa Bianca Gary Cohn. E guarda caso ieri Cohn, molto criticato per il suo silenzio sulle ambiguità di Trump nel condannare la violenza dei suprematisti bianchi dopo Charlottesville, ha parlato al Financial Times. Spiega che da «americano patriottico» non se l’è sentita di lasciare ma che «l’amministrazione può e deve fare di più per condannare» i gruppi d’odio. Ma, ha aggiunto, mentre fonti a lui vicine facevano trapelare la notizia che avesse pronta la lettera di dimissioni, «come ebreo americano non consentirò a dei neonazisti che urlano…di spingere questo ebreo a lasciare il suo lavoro». Un’abile mossa comunicativa: come per la decisione stessa di entrare nell’amministrazione (Cohn ha da sempre simpatie democratiche), l’ex Goldman sembra disposto a sopportare la pressione pur di arrivare alla guida della Fed. Conoscendo l’imprevedibilità di Trump, non è detto che ce la faccia.