«Ho dato al governo l’elenco dei 550 mila edifici vulnerabili nei Comuni più a rischio»
Il report coordinato da Azzone, ex rettore del Politecnico
Il professor Giovanni Azzone, ex rettore del Politecnico di Milano e docente di ingegneria gestionale, ha consegnato da poco al governo un rapporto di 200 pagine sulla «promozione della sicurezza dai rischi naturali del patrimonio abitativo». Fu Matteo Renzi, l’anno scorso a settembre, a volere Azzone come coordinatore di Casa Italia, un team di 17 super esperti (geologi, urbanisti, ingegneri strutturisti, economisti...) che avrebbero dovuto fotografare, appunto, la situazione dei pericoli sismici o idrogeologici del nostro Paese.
Quella fotografia è scattata. E adesso?
«Noi abbiamo fatto la nostra parte, adesso il governo sta mettendo in piedi un Dipartimento per individuare le modalità e i tempi di intervento».
Quali sono i numeri del vostro rapporto?
«Un dato su tutti: abbiamo analizzato gli edifici potenzialmente vulnerabili nei 648 comuni a più alto rischio sismico e abbiamo scoperto che sono più di 550 mila. Su quegli edifici bisognerebbe realizzare analisi approfondite ma per quello serve un intervento operativo».
Servirebbero grandi risorse economiche, prima di tutto.
«Certo, ma questo è vero solo in parte. Gli interventi vanno pensati sul lungo periodo e se ragiono in termini di anni posso ragionare sulla prevenzione e su come aiutare le persone a fare prevenzione. Per esempio: nell’ultima legge di bilancio è un buon incentivo il sisma-bonus per chi realizza miglioramenti antisismici, perché ottiene finanziamenti molto elevati (fino all’85%, ndr) della spesa sostenuta».
Quanto conta la consapevolezza del rischio?
«Se fossimo tutti consapevoli dei rischi che corriamo e di come affrontarli il problema non esisterebbe. Ma sappiamo che purtroppo non è così e che il processo di consapevolezza Prevenzione Bisogna creare consapevolezza, parlare di territorio e rischio idrogeologico a scuola
sarà lungo. Per questo assieme al rapporto ci siamo permessi di sottoporre a Palazzo Chigi una nostra proposta che chiama in causa la scuola».
Di che cosa si tratta?
«Di avvicinare il tema del rischio alla scuola, a partire dagli ultimi anni di quella primaria fino all’università».
In che modo?
«Partendo per esempio dalla mappa dei rischi curata dall’Istat assieme a noi di Casa Italia. È operativa dall’inizio di agosto ed è preziosa perché raccoglie in un unico punto informazioni che esistevano già ma che erano disperse e non erano mai state organizzate. Noi le abbiamo messe assieme e abbiamo creato quella mappa».
Cosa c’entra con la scuola?
«C’entra, perché partendo proprio da lì — dalla mappa che adesso è agevole da consultare — ci siamo detti: perché non fare in modo che gli studenti di ciascun Comune prendano coscienza, studino, analizzino, discutano del territorio sul quale camminano e vivono ogni giorno? Sarebbe
Giovanni Azzone, ex rettore del Politecnico di Milano, è docente di ingegneria gestionale
● L’ex premier Renzi lo ha voluto come coordinatore di Casa Italia un intervento a costo zero e un investimento per un futuro più consapevole».
Che cosa vi hanno risposto da Palazzo Chigi?
«Questa specifica proposta non è la sola extra-rapporto. Ne abbiamo presentate in tutto sette e anche se su questa non abbiamo ancora una risposta ci contiamo perché il governo ci ha sempre sostenuto molto. Martedì prossimo incontrerò il premier Gentiloni, il tema sarà all’ordine del giorno. Mi piacerebbe che diventasse una lezione vera, strutturata, in tutto il Paese, non solo l’argomento di una professoressa illuminata che per sua sensibilità personale mostra ai ragazzi la mappa del rischio del proprio Comune».
Stiamo parlando anche di rischio idrogeologico?
«Sì. I numeri che citavo prima riguardano però il solo rischio sismico. Lì non si può intervenire sulla pericolosità perché non si possono prevedere i terremoti e la loro intensità, si può soltanto agire con la prevenzione antisismica. Sul fronte idrogeologico, invece, si può cercare di ridurre il pericolo con interventi strutturali o evitando di costruire dove c’è più rischio. Ancora una volta, quindi, parliamo di consapevolezza».