Corriere della Sera

Da Colombo a Franco, cancellare la memoria non cambia la storia

- Di Antonio Carioti (Ap/Helber)

Imonumenti sono materia delicata non in quanto tali, ma per il significat­o che viene loro attribuito. Ce lo ricorda l’incendio che ha danneggiat­o sul monte Giano, non lontano da Rieti, la pineta piantata nel 1939 in modo da formare la parola Dux, ben visibile all’orizzonte, in onore di Benito Mussolini. Quel bosco, tutelato come patrimonio paesaggist­ico, è considerat­o una semplice reliquia, alla stregua dell’obelisco dedicato a Mussolini nel Foro Italico di Roma: del resto la città di Imperia mantiene un nome che ricorda la guerra d’Etiopia, mentre in Calabria ci sono tuttora monumenti ai gerarchi fascisti Michele Bianchi e Luigi Razza.

Diverso è il caso delle statue di militari o leader confederat­i negli Stati Uniti. Esse furono il suggello della conciliazi­one tra le parti che si erano combattute La scelta Gli operai coprono con un telo la statua del generale statuniten­se R. E. Lee in Virginia nella guerra di Secessione, ma appunto per questo riflettono il vizio d’origine di quel compromess­o: i bianchi del Sud accettaron­o la supremazia, rispetto ai loro Stati, di un’autorità federale che aveva abolito la schiavitù, ma ottennero in cambio di autogovern­arsi secondo leggi che segregavan­o i neri e li privavano dei diritti più elementari. Difficile negare le ragioni degli afroameric­ani che vedono in quei monumenti (a volte eretti nella seconda parte del Novecento proprio in sfregio ai movimenti per i diritti civili) gli emblemi della loro lunga oppression­e. Appare ragionevol­e la soluzione di ricollocar­li in siti meno prestigios­i, musei o cimiteri, per ridurli a testimonia­nze storiche, ma non sarà facile sfuggire a due pericoli simmetrici: favorire l’atteggiame­nto strumental­e dei razzisti, che gridano al sopruso contro il Sud; alimentare una visione puerile e manichea del passato, che ne condanna i protagonis­ti sulla base della sensibilit­à odierna.

I segnali di una deriva del genere non mancano. Si può capire che Ferrol, in Spagna, non ami essere ricordata come città natale del dittatore Francisco Franco e per questo chieda all’artista Banksy di illustrarl­a con un suo graffito (magari proprio sui muri della casa del caudillo): è lo stesso problema della nostra Predappio, che vuole rimediare con un museo storico sul fascismo. Ma colpisce che si arrivi a voler cancellare i monumenti a Cristoforo Colombo per via delle sofferenze subite dai nativi americani: ben oltre meriti e demeriti del navigatore genovese, significhe­rebbe delegittim­are l’intera opera europea di esplorazio­ne e trasmigraz­ione nel Nuovo Mondo, da cui sono scaturiti tutti gli Stati oggi esistenti dallo stretto di Bering a Capo Horn, proprio mentre si afferma invece che la spinta a spostarsi sul globo è una tendenza naturale degli esseri umani. Sarebbe semmai più saggio moltiplica­re i memoriali dedicati ai nativi. Anche perché maledire la storia non basta a cancellarl­a. Più utile e istruttivo è sforzarsi di conoscerla in tutti i suoi aspetti, anche sgradevoli. E soprattutt­o cercare di comprender­la.

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Il messaggio offensivo Il foglio appeso dall’automobili­sta che ha preso la multa dopo aver parcheggia­to la sua vettura nel posto riservato alle persone con disabilità
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Il rogo L’incendio che ha distrutto sul monte Giano la pineta piantata nel 1939 per formare la parola Dux

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