Il super aereo che vola più di 20 ore: pasti, esercizi e jet lag nell’era senza scali
L’amministratore delegato di Qantas: nel 2022 collegamenti diretti Australia-Europa
Volendo si può (ri)guardare l’intera trilogia del Signore degli Anelli, titoli di coda compresi. Per due volte. Oppure sorbirsi i tre film della saga di J. R. R. Tolkien, commuoversi un pochino con quei disgraziati di Kate Winslet e Leonardo DiCaprio a bordo del Titanic e concludere con le tre pellicole futuristiche di Matrix. O dormire e basta. Sempre ammesso, ovvio, che il vicino di sedile sia un minimo accettabile. Perché se si alza spesso, se non smette di attaccar bottone rischia di diventare un inferno questo volo da Sydney a Londra (o Parigi e, non è escluso, Milano), senza scali: venti ore a quota quarantamila piedi per coprire poco meno di diciassettemila chilometri. Sperando che i venti, è il caso di dirlo, non si mettano contro.
Eccolo il collegamento più lungo del mondo. Sarà inaugurato nel 2022 dice convinto Alan Joyce, amministratore delegato del colosso australiano dei cieli Qantas: la tecnologia esiste, ripete, ora Boeing e Airbus devono soltanto far volare i loro aerei un po’ di più. Venti minuti, per l’esattezza. Tanto manca, per esempio, all’Airbus A350-900ULR (che sta per «Ultra-long range») che entrerà la prima volta in servizio nel 2018 con Singapore Airlines. E non è nemmeno impossibile che il compito riesca al prossimo Boeing 777X.
Presentando i dati finanziari del vettore, Joyce ha raccontato di aver scritto ai vertici dei due maggiori produttori di jet per soddisfare la sua richiesta. «Progetto alba», l’ha chiamato. Da sempre affascinato, come confidava al Corriere lo scorso giugno, dalla «doppia alba», il servizio aereo Australia-Sri Lanka, durante la Seconda guerra mondiale: durava così tanto che i passeggeri avevano la possibilità di vedere il sole sorgere due volte.
L’amministratore delegato (di origini irlandesi) vuole portare gli europei dall’altra parte del Pianeta facendo risparmiare circa quattro ore. «È l’ultima frontiera dell’aviazione globale e l’antidoto alla tirannia della distanza», sottolinea. Oggi chi vuole vedere i canguri è obbligato a fare una sosta in Medio Oriente (Dubai, Doha, Abu Dhabi) o in Asia per poi prendere un altro aeromobile. I primi voli Australia-Regno Unito (correva l’anno 1935) duravano dodici giorni. Si partiva da Brisbane, si faceva scalo a Darwin, Singapore, Rangoon, Karachi, Il Cairo, Brindisi, Parigi. Si atterrava a Londra. Nel 1947 è arrivata la prima «Kangaroo route»: 93 ore di viaggio (di cui 55 in aria) da Sydney verso la capitale britannica.
Settant’anni dopo (da marzo 2018) Qantas lancerà il collegamento diretto Londra-Perth (costa occidentale australiana) su un Boeing 787 Dreamliner: 14.498 chilometri, 17 ore. Poco meno dei 14.535 chilometri, ad oggi la distanza più lunga del mondo, che coprono i velivoli di Qatar Airways da Doha ad Auckland, in Nuova Zelanda. Il tratto Londra-Australia orientale (Sydney, Melbourne, Brisbane) va oltre l’autonomia degli aerei in attività. Ostacolo superabilissimo, dice Joyce, che punta a volare pure a Parigi, Città del Capo, New York e Rio de Janeiro.
Un progetto che deve tenere conto dei limiti fisici umani. Da giugno Qantas ha avviato la collaborazione scientifica con il Charles Perkins Centre dell’Università di Sydney: un gruppo di ricercatori sta mettendo a punto le regole per i viaggiatori del lunghissimo raggio. «Si sta lavorando sulle strategie prima e dopo il volo, su quelle per combattere il jet lag, sull’attività fisica da svolgere a bordo, sui pasti più adatti e gli orari migliori nei quali servirli, sull’illuminazione e sulla temperatura della cabina», spiegano dalla compagnia.
Sui jet più moderni l’interno della cabina è mantenuto a una pressione equivalente alla quota di 1.800 metri. L’obiettivo di questi studi, allora, non è soltanto evitare malesseri, ma anche non far sbarcare i viaggiatori in condizioni pietose rendendo il volo sopportabile (sul vicino non garantiscono).