Nei teatri e per la città: sarà una disseminazione di gesti
Oltre ai «big» come Lagraa, anche progetti sperimentali. E si coinvolgono tanti luoghi-simbolo
Da 37 anni fanno sorgere in un’unica alba Oriente Occidente, festival di danza dal riverbero internazionale ma ben radicato nella dinamica cittadina che fu teatro dell’ingegno futurista di Depero: Rovereto. I direttori Paolo Manfrini e Lanfranco Cis parlano all’unisono, come accade nei sodalizi artistici che non soffrono l’usura del tempo: «È impossibile esaurire gli spunti di interesse quando un festival punta all’eclettismo, alla multiculturalità e all’innovazione come chiave di lettura, con un’apertura di 360 gradi sulla danza del globo, vista come fenomeno artistico che aiuta a interpretare l’attualità. Ci siamo sempre concentrati sul rapporto nord-sud e sulle tensioni insite in questa relazione».
Quest’anno, Cis e Manfrini estrarranno dal cilindro magie esotiche, green, socialmente impegnate, grandi nomi della coreografia, autori emergenti, disseminati in città, nei teatri e nelle strade, ma anche in luoghi più sorprendenti, come la Manifattura Tabacchi che fu dall’Ottocento adibita alla lavorazione del tabacco, poi collegata alla Philip Morris e recentemente riconvertita a progetti innovativi di energie ecosostenibili.
La nuova edizione del festival, in programma dal 30 agosto al 10 settembre, prevede tra gli spettacoli all’aperto il gruppo Guid che, all’interno della compagnia di Angelin Preljocaj, riproduce «en plein air» titoli dell’autore franco-albanese, il circo contemporaneo convertito alla contact improvisation del francese (Rêve), la danza verticale sulle punte dei catalani Delrevés, cui si aggiunge, al chiuso, l’atletismo circense della brasiliana Deborah Colker. Un approfondimento è dedicato al rapporto tra danza e arte visiva con i francesi Héla Fattoumi ed Éric Lamoureux che riflettono sull’alterità ricostruendo le sculture biomorfiche di Hans Arp in «Oscyl Variation», in prima nazionale, e con «Wreck» di Pietro Marullo, performance coprodotta dal festival e alleme», stita nella piazza del Mart disegnata da Mario Botta, in cui una «soft sculpture» fluttuante allude ai naufragi dei migranti.
Nelle sale del museo, Salvo Lombardo presenta un’installazione interattiva nella quale ha raccolto, durante un periodo di residenza, parole, segni e suoni dei visitatori del Mart che hanno avuto, così, modo di costruirsi i propri percorsi di realtà aumentata. L’Oriente bussa all’orizzonte in più momenti: «La Fresque», ultimo lavoro di Preljocaj al debutto nazionale, parte da un racconto cinese per disegnare un affresco coreografico, mentre l’U-Theatre di Taiwan coniuga l’insegnamento di Grotowsky ai grandi tamburi della tradizione locale in «Beyond Ti- laddove l’italiana Spellbound diretta da Mauro Astolfi interseca la rotta del coreografo tibetano, attivo in Cina, Sang Jijia in «Pa/Ethos».
Tra i big, figurano Abou Lagraa con la prima mondiale di «Wonderful one», inno alla meraviglia dell’essere umano, Catherine Berbessou con «Tu el cielo y tu», che intinge il tema dell’amore quotidiano nella passionalità del tango riletto in chiave contemporanea, e Lutz Förster, danzatore storico di Pina Bausch, nell’autobiografico «Dance Stories». Grande apertura ai giovani con sette coreografi italiani emersi in CID Cantieri (lo spin off formativo di Oriente Occidente) di cui due, Irene Russolillo e Salvo Lombardo, associati al festival. Fitto il cartellone di workshop, stage e conferenze.