«Una potenza molto fragile Ecco il legame con l’arte»
Lo spettacolo di Fattoumi e Lamoureux si ispira alle sculture di Arp
L’estetica acrobatica Una scena di «VeRo», in prima nazionale, della coreografa brasiliana Deborah Colker
Il grande sipario dipinto da Picasso per i Balletti russi; i costumi e le scenografie di Robert Rauschenberg per Merce Cunningham o Matisse che, a sua volta, dichiarò di essersi ispirato direttamente a una farandola per realizzare la sua celebre «Danse». Tutt’altro che un’eccezione, lo scambio di debiti e crediti fra danza e arte è una lunga consuetudine. Anche per la prima mondiale di «Oscyl Variation» sulla terrazza del Mart, Héla Fattoumi e Eric Lamoureux, il duo che dal 2015 dirige il Centre Chorégraphique National de Bourgogne Franche — Comté à Belfort, porterà una coreografia di sette ballerini e sette sculture oscillanti realizzate dallo scenografo Stéphane Pauvret e ispirate alle forme biomorfe di «Entité ailée», la celebre scultura di Hans Arp.
Perché la complicità fra danza e arte è così frequente?
«La danza è porosa e curiosa delle altre arti da sempre. È transdisciplinare. Entrare in dialogo e creare uno spazio dove possono confrontarsi diversi punti di vista e linguaggi, approcci differenti: è questo che si fa con i ballerini, designer delle luci, scenografi, costumisti. Succede spesso che il lavoro di un artista di una disciplina diversa susciti un desiderio di collaborazione».
Voi avete già lavorato con musei come il Louvre o il Beaux-arts de Caen. Da dove viene questa sintonia?
Relazioni Qui sopra, «La Danse» di Matisse (nella versione del 1910); sotto un momento di «Oscyl Variation» di Héla Fattoumi e Éric Lamoureux ispirato alle Entité Ailée di Hans Arp
«Ci piace portare la danza fuori dai luoghi consacrati per incontrare un altro pubblico. E anche il fatto di uscire dalle nostre abitudini e metterci in uno stato di reattività alle opere e agli spazi è molto rigenerante e ci perette di sperimentare altri modi di far scaturire la danza».
Il vostro lavoro ha toccato temi sociali come l’omosessualità, l’Islam e l’ossessione per il fitness. Perché dunque questa volta avete cercato riferimenti nell’arte astratta?
«In realtà perseveriamo nella nostra ricerca che ha legami con le sfide della società anche se per Oscyl ci ispiriamo a una scultura d’arte moderna. Abbiamo dato a questo oggetto la capacità di entrare in un movimento e di diventare una scultura ludica, che si presta all’invenzione di giochi le cui regole cambiano e si inventano in tempo reale, configurando e riconfigurando l’organizzazione del gruppo dei danzatori».
Quale evento della vostra storia personale vi ha portato alla danza?
«Siamo tutti e due degli autodidatti. Non siamo cresciuti in un ambiente artistico però abbiamo avuto la fortuna di incrociare persone che hanno avuto la funzione di detonatori di un potenziale non ancora attivato. Queste frequentazioni sono state determinanti nel nostro percorso di vita e l’hanno rifondato. Ma di sicuro l’incontro più importante nel tragitto di vita che condividiamo da 25 anni è stato quello fra noi due».
Quali situazioni sono all’origine della vostre danze: una storia, uno stato d’animo, un movimento, un’opera d’arte?
«Ogni spettacolo è unico e attivato da detonatori diversi. Può essere un libro, un avvenimento della società, la scoperta di un’opera, un’intuizione di dover attuare un progetto: ogni volta questo provoca un desiderio incoercibile di aprire uno spazio di sperimentazione nel quale ci immergiamo con la nostra squadra. Allora diamo avvio a un processo ogni volta diverso, coerente con quello che scopriamo mentre lavoriamo con i nostri collaboratori».
In quale direzione futura è proiettata la danza?
«Continuerà a sperimentare incroci inediti. Pensiamo a dei progetti futuri che supereranno i confini dei vari media, dove lo spettacolo andrà oltre la forma scenica. Per esempio coinvolgerà gli spettatori in un tempo differito da condividere su internet. La forza della danza risiede in un paradosso: è attraversata da una potenza fragile che si nutre della sua dimensione arcaica e allo stesso tempo della sua capacità di reinventarsi senza limite».