«Io, la resilienza il Genoa e Buffon Cara Juve ti batto»
Perin: «A Marassi diamo il doppio»
«Basta che non parliamo degli infortuni».
È un po’ complicato, Mattia Perin. Lei s’è rotto il crociato due volte in un anno, più la spalla l’anno prima, domenica è rientrato in Sassuolo-Genoa a 8 mesi dall’ultima partita e stasera sfida la Juve. Questa è una storia.
«Esatto, è il passato, sta alle spalle, e per un atleta il passato non deve esistere, c’è solo il presente, il futuro. So qual è la prossima domanda».
Mi criticano se sono felice: gioco a calcio, come non esserlo?
E qual è?
«Se ho pensato di smettere, o che non sarei
più tornato lo stesso. Domanda giusta, la risposta però è no, zero. Quando a gennaio mi sono rotto il ginocchio la seconda volta ero giù, chiaro, ma dal giorno dopo pensavo solo a ripartire. Mi hanno aiutato tre cose, anzi quattro: gli amici, il Genoa, la consapevolezza che le disgrazie sono altre, e che non è un modo di dire, e quarto i libri».
Quali libri?
«Tecniche di resistenza interiore di Pietro Trabucchi. Illuminante, mi ha insegnato a capire che ogni cambiamento, e quindi anche un infortunio non va visto come una minaccia ma come una sfida, un’opportunità. Tutti oggi parlano di resilienza ma in pochi sanno cos’è. Durante i mesi di fisioterapia ho scelto una frase di Paulo Coelho come manifesto: tornerò ma sarò una persona diversa».
Ora è capitano. Stasera contro il suo amico Buffon è anche una sfida fra graduati.
«Sì, ma io ho ancora molto da imparare, lui è il numero 1, il più grande. Sarà una partita durissima, la Juve ha attaccanti pazzeschi come Dybala, Higuain, Mandzukic, però a Marassi noi diamo il doppio. Li abbiamo battuti già l’anno scorso, possiamo ripeterci. Però dobbiamo essere umili, altrimenti siamo spacciati».
La Juve è in crisi?
«Non scherziamo».
E il Genoa dove può arrivare?
«Di sicuro non sarà un’annata disastrosa come l’ultima».
Ha perso la Nazionale.
«E ci ritornerò, voglio il Mondiale, quando stavo bene sono sempre stato convocato. È un obiettivo chiaro nella mia mente. Ora provo a fermare la Juve».
Giocare in un grande club sarebbe d’aiuto?
«Il Genoa è il mio grande club, qui ho tutto, sono fiero di ciò che rappresenta, dei simboli, della sua meravigliosa cantera di cui sono stato un allievo. Sono qua da 10 anni esatti, Genova è casa mia. Detto questo sono ambizioso, come
Capitano Mattia Perin, 24 anni, capitano del Genoa, in cui è cresciuto. Ha una presenza in azzurro (Getty Images) ogni atleta, come ogni professionista. Quindi non chiedetemi dove sarò fra 5 o 10 anni, perché non lo so».
Si parlava di lei al Milan durante il caso Donnarumma: in un certo senso la sua esplosione ha oscurato lei…
«È un fenomeno, arriverà lontanissimo ed è un ragazzo splendido. Io però ce la metto e ce la metterò tutta, questo è lo sport, la rivalità è naturale, ed è bellissima».
Non ha mai avuto la sensazione che la sua carriera sia stata danneggiata, o rallentata, da una certa sua esuberanza caratteriale?
«Da ragazzino forse sì, perché qualcuno magari ha interpretato male certi miei comportamenti. A volte ho anche sbagliato e l’ho ammesso, ad esempio con i social che però nel complesso restano uno strumento utile».
Lei coi social si è ficcato nei guai.
«Sì, ma restano uno strumento positivo, perché ti tengono vicino ai tifosi, alla gente, creano un legame. Io ho sbagliato e ho imparato. Certo, poi su Facebook o Twitter c’è gente che ti critica anche solo perché sei felice. E io rispondo: nella vita gioco a pallone, come posso non esserlo?».