Allie, il male, il coraggio E il tennis diventa favola
Era numero 633 al mondo e non aveva più soldi. Adesso è nel tabellone degli Us Open
Allie Kiick, 22 anni, numero 633 al mondo, ritorna in campo e si qualifica per gli Us Open battendo la sua amica Victoria Duval. Entrambe hanno sconfitto il cancro. Allie si manteneva insegnando tennis a 25 dollari l’ora: adesso, grazie alla qualificazione, ne ha guadagnati 50 mila.
Allie Kiick ha 22 anni e alle qualificazioni femminili per le fasi finali degli Us Open, la cui 137esima edizione comincia domani ai Flushing Meadows di New York, è arrivata da numero 633 al mondo, con poco più di 700 dollari sul conto in banca e sulle spalle il peso di tante, troppe battaglie. Due operazioni al ginocchio destro, due al sinistro, una mononucleosi, e soprattutto, un melanoma. Era l’agosto del 2015, lei si stava preparando per andare in piscina ad allenarsi per gli Us Open di quell’anno, quando le squillò il telefono. Il dottore che le aveva analizzato un neo sospetto le comunicava del cancro: «Pensavo che il mondo mi crollasse addosso — ricorda —. Lo sentivo pronunciare quelle parole e sapevo che le probabilità che tornassi a giocare erano basse». E invece, dice oggi, «tutta questa storia mi ha insegnato molto di me stessa e del mio carattere: siamo tutti più forti di quanto pensiamo».
Per più di 693 lunghissimi giorni, fino a giugno di quest’anno, Allie non ha giocato nemmeno un match da professionista e si è mantenuta insegnando tennis ai bambini a 25 dollari l’ora. Intanto studiava biologia con l’idea di diventare un giorno assistente anestesista, una scelta fatta dopo le tante operazioni con l’idea di aiutare altre persone. La mamma Mary le paga le spese di viaggio e il costo dell’affitto di un appartamento in condivisione a Orlando, in Florida.
La strada del tennis professionista sembrava finita, poi, contro ogni pronostico, è tornata, e non da sola. La straordinaria sceneggiatura del destino ha voluto che a decidere il suo passaggio al torneo, dopo tre match vinti in quattro giorni, fosse la sfida con l’amica Victoria Duval. A Orlando le due vivono a poca distanza l’una dall’altra, accanto al campus della United States tennis association. Si allenano insieme tutti i giorni e anche venerdì, prima dell’inizio della partita, si sono riscaldate insieme. Insieme, soprattutto, hanno affrontato il mostro del cancro, un linfoma di Hodgkin, nel caso di Victoria, che l’ha sconfitto con la chemioterapia nel 2014. Victoria ricorda che durante una delle sessioni di chemio Allie ha guidato per tre ore da Fort Lauderdale, dove viveva al tempo, per andare a trovarla fino a Bradenton dove era ricoverata, con in dono un mazzo di carte e un kit per fare dei braccialetti. «È stata speciale, solo pochi giocatori l’hanno fatto, e quei momenti più leggeri mi erano veramente d’aiuto», ha raccontato Duval al New York Times: «Abbiamo un legame unico perché entrambe sappiamo da dove veniamo e quanto è stato difficile tornare in pista».
Quando dopo un solo set e un game — Allie conduceva 6-3, 1-0 — Victoria ha fatto segno all’arbitro che non ce la faceva più, piegata dai dolori alla coscia e al ginocchio, lei ed Allie si sono avvicinate alla rete, si sono abbracciate e sono uscite dal campo così, insieme, chiacchierando e ridendo. Entrambe avrebbero preferito giocare un match vero, fino alla fine, ma sono felici così.
Il solo passaggio alla fase finale vale a Kiick cinquantamila dollari, anche se dovesse poi perdere la prima sfida del torneo, in cui se la vedrà con la numero 25 al mondo, l’australiana Daria Gavrilova. Dopo il match il suo primo desiderio è stato saltare su un treno che dal Queens, quartiere che ospita i campi di tennis più famosi degli Stati Uniti, la portasse a Manhattan per andarsi a comprare un paio di scarpe
La diagnosi Nel 2015 le fu diagnosticato un melanoma. Per 693 giorni non ha giocato Unite Victoria ricorda che, quando erano malate, Allie guidò per ore per andarla a trovare
con i tacchi a spillo rosso brillante di Valentino, costo: mille dollari. L’unica amarezza di una giornata indimenticabile, la telefonata al padre, campione di football degli imbattuti Miami Dolphins del ’72, malato di Alzheimer: «L’ho chiamato per dirgli che mi sono qualificata, ma non capisce».