L’EUROPA CHE RIPARTE (E CI ILLUDE)
Nell’era dei big data e degli algoritmi più sofisticati, comprendere gli umori del pubblico, degli elettori, è esercizio ancora più complesso. Meglio così, ci sentiamo più liberi. Il 2017 doveva essere l’anno dell’affermazione, un po’ ovunque, dei movimenti nazionalisti e populisti, sull’onda del successo di Trump e della Brexit. Oggi possiamo dire tranquillamente che l’Europa, dopo i risultati elettorali soprattutto in Olanda e in Francia, vive un inaspettato momento di grazia. La sconfitta, di fatto, di Theresa May nelle elezioni di giugno ha trasformato la Brexit in un problema più per Londra che per Bruxelles. Molti osservatori ritengono che l’elezione del presidente francese Emmanuel Macron sia stato il culmine della riscossa europea. La sua vena gollista ha però raffreddato qualche entusiasmo di troppo. La vicenda StxFincantieri è significativa. I dati economici sono incoraggianti. L’eurozona è al diciassettesimo trimestre consecutivo di crescita. L’euro è così in salute da essere ritenuto troppo forte, vicino all’1,20 sul dollaro. Ma le esportazioni, in particolare quelle italiane, non ne risentono. È una ripresa che crea poca occupazione, non solo in Italia, ed è questo il principale problema. Dopo gli ultimi risultati elettorali, le istanze sovraniste appaiono più marginali. Anche se nel caso austriaco (alle urne il 15 ottobre) assistiamo al tentativo del leader del partito popolare Sebastian Kurz di appropriarsi di alcuni degli argomenti degli eredi di Jörg Haider.