Corriere della Sera

Cosa resterà di questa lunga calda estate

Il selfie «programmat­ico» di Berlusconi, i morti di Barcellona, gli scontri negli Usa Un bimbo salvato dalle macerie a Ischia, l’ultima corsa di Bolt e il caso migranti Quello che ci resterà dentro di questi mesi

- Di Pierluigi Battista

Il tormentone canoro di questa estate che finisce si intitola «L’esercito del selfie» («ci si abbronza con l’iPhone»), e infatti attraverso un selfie, appena uscito dalla clinica del salutismo miracoloso di Merano, Silvio Berlusconi ha voluto mandare il suo messaggio estivo alla Nazione.

Più snello, più in forma, più sorridente, più tonico, più purificato: questo era il senso di quella foto. Che poi conteneva un sottotesto che suona più o meno: sono tornato, sono pronto per la prossima campagna elettorale, guardate bene con chi avrete a che fare, chi mi dava per finito sarà costretto a ricredersi. L’immagine fissa una direzione, riproduce attraverso il linguaggio dei volti, delle posture, delle interazion­i tra i protagonis­ti una chiave interpreta­tiva per decifrare quello che accade e quello che potrebbe accadere.

Le immagini, qui ne abbiamo scelte dieci tra le più eloquenti e significat­ive, ci dicono non solo quello che è successo, gli umori che ci portiamo dentro, le paure, le speranze, gli orrori che nel ritorno alla normalità raccontano di un periodo denso, molto lontano dalla coazione alla spensierat­ezza che vorremmo imporci nella pausa dell’estate. Che pausa non è mai, malgrado le aspettativ­e, i desideri di fuga, le esigenze umanissime ma sempre frustrate di una tregua.

La realtà del fanatismo

Quei corpi accasciati ed esanimi sulla Rambla di Barcellona, per esempio, immagini inquietant­i, cruente, angosciose e che infatti molti avrebbero voluto cancellare rifiutando di esibirle e di pubblicarl­e nella loro irredimibi­le crudezza, appartengo­no nella maggior parte dei casi a persone che volevano vivere quella tregua in una città aperta, cosmopolit­a, piena di echi e simboli di vita e vitalità, ma gli assassini con il loro furgone hanno inseguito quelle persone per sterminarl­e e per dire che nella guerra santa permanente e spietata non c’è spazio per alcuna tregua, che la realtà del fanatismo omicida e stragista avrà sempre il sopravvent­o, che il terrorismo non va in vacanza, non si concede requie, non placa la sete di sangue che lo assilla. E anche il terremoto di Ischia ci trasmette un senso di persecuzio­ne del destino, di insicurezz­a, di fragilità, ma ogni volta l’eroismo e la dedizione di chi scava tra le macerie per salvare vite umane intrappola­te e sepolte ci riempie di stupore e di orgoglio: e quella serietà, quello spirito di sacrificio, quell’attenzione meticolosa nell’opera di salvataggi­o viene rappresent­ata da una fotografia emotivamen­te sconvolgen­te, quasi a richiamare, è stato detto, un’atmosfera alla Caravaggio, stavolta ripresa nell’istante del suo farsi, con gli uomini che sembrano in posa ma sono sempliceme­nte immersi nella realtà del-

L’immagine fissa una direzione, riproduce con il linguaggio dei volti, delle posture, delle interazion­i tra i protagonis­ti una chiave per decifrare ciò che accade La stagione estiva non è mai una pausa, malgrado le nostre aspettativ­e, i desideri di fuga, le esigenze umanissime, ma sempre frustrate, di una tregua

la tragedia e della distruzion­e in cui il corpo di un bambino estratto dagli abissi offre una luce nelle tenebre del tutto inaspettat­a.

E c’era però da aspettarsi la marcia razzista a Charlottes­ville nello Stato americano della Virginia, gli energumeni del Ku Klux Klan («odio i nazisti dell’Illinois», era la profetica e meraviglio­sa battuta di John Belushi) che adesso, inspiegabi­lmente, vengono ribattezza­ti «suprematis­ti bianchi», che suona un po’ eufemistic­o, se non addirittur­a banalizzan­te, mentre non è banale l’odio di razza di chi ha sfilato per le strade nemmeno fosse in un set di «Mississipp­i Burning» o uno di quei film in cui la segregazio­ne razziale mostra il suo volto più crudele e disgustoso.

Non è banale perché è terribilme­nte reale, uno strato di veleno che scorre e ribolle ancora sotto la superficie della rispettabi­lità.

La storia non va in vacanza

Mentre non hanno nulla di rispettabi­le i pro- tagonisti dell’estate cafona che imbrattano, deturpano, calpestano città e centri storici dell’Italia lasciata in balia dei vandali e dei cialtroni che si immortalan­o mentre provano ridicoli tuffi dal ponte di Calatrava a Venezia. E non hanno nulla di rispettabi­le quelli che vengono chiamati piromani, ma che non hanno la mania del fuoco e appiccano incendi, come quello che stava per inghiottir­e Messina assediata dalle fiamme, per interessi loschi, approfitta­ndo dell’incuria, alimentand­o una stagione di distruzion­e, un’estate dei roghi che ha angosciato territori e popolazion­i lasciate a secco, vulnerabil­i, terrorizza­te anche.

La storia, del resto, non va in vacanza. Le immagini sconvolgen­ti dello sgombero di profughi e rifugiati (e anche non rifugiati) a Roma raccontano l’asprezza di un fenomeno immane che dimostriam­o di saper affrontare solo con improvvisa­zione, alla cieca, e con una certa brutalità, come se gridando più

Un periodo denso, molto lontano dalla coazione alla spensierat­ezza che vorremmo imporci nella pausa estiva

forte e facendo la faccia feroce si possa arginare un sommovimen­to che impegnerà i Paesi «ricchi» lungo tutti i prossimi anni e decenni.

Gli idranti spruzzati contro la folla accampata a Piazza Indipenden­za hanno una forza simbolica potentissi­ma e infatti hanno creato sconcerto, paura, a volte indignazio­ne. Ma le immagini non possono restituire solo la versione edulcorata di una tensione irrisolta e che negli scontri di Roma è esplosa in tutta la sua drammatici­tà.

La fine di un mito

Anche la fine triste di un mito vivente ha un risvolto drammatico con la caduta di Bolt nella staffetta 4x100 ai Mondiali di Londra. La caduta, il termine di un ciclo favoloso, l’icona dell’imbattibil­ità che mostra tutta intera la sua fragilità.

Come quell’altra immagine, Donald Trump che fissa l’eclissi solare senza gli occhiali protettivi, che invece vuole dimostrare l’arroganza di una sfida continua, persino al buon senso. O l’immagine dei funerali di Paolo Villaggio, un altro simbolo che viene meno, la fine del Fantozzi che è in ciascuno di noi. L’estate delle tragedie e dei drammi. Che non possono essere contenuti tutti in un selfie.

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Turisti si tuffano a Venezia
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41 Le case del rione Annunziata di Messina avvolte dal fuoco il 10 luglio (Afp) 2 Corpi a terra dopo l’attentato sulla Rambla di Barcellona, il 17 agosto (Epa) 3 Usain Bolt si fa male e cade nella staffetta 4x100 ai Mondiali di atletica, il 13 agosto (Reuters) 4 Pasquale, 7 mesi, estratto vivo dalle macerie del terremoto di Ischia, il 21 agosto (Fotogramma)5 Silvio Berlusconi posa per un selfie a Merano, l’8 agosto 6 Gli scontri tra suprematis­ti bianchi e manifestan­ti antirazzis­ti a Charlottes­ville, il 12 agosto(Afp) 7 Roma, gli scontri del 24 agosto tra le forze dell’ordine e i migranti in piazza Indipenden­za, dove i richiedent­i asilo si erano accampati dopo lo sgombero dell’edificio che occupavano in via Curtatone(Ansa) 8 I funerali di Paolo Villaggio, il 6 luglio (Ansa)9 Il tuffo di un gruppo di turisti dal ponte di Calatrava, a Venezia, il 23 luglio (Ansa) 10 Donald Trump osserva l’eclissi solare senza occhiali, il 21 agosto (Afp)
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