Tendopoli nel cuore di Roma La vita dei cento sfollati sotto i portici di Santi Apostoli
Lì col consenso dei frati (che attendono una soluzione)
linguistico comune. Donne col velo islamico condividono lo spazio con una bella ragazza centrafricana inguainata in un aderentissimo body nero. I bambini, che sanno organizzarsi nelle emergenze, giocano in piazza, dimenticando nazionalità, religioni, colori della pelle e lo sfratto. Basta un gessetto, il disegno della campana per terra, e sono risate.
Più cupi gli adulti. Solo voci, niente nomi e cognomi, è il patto se si vogliono racconti: «Ci hanno sgomberato senza prima darci una soluzione. Rifugiati politici? Non ci sono. Dal Comune arrivò una proposta: dividere le famiglie, mettere madri e bambini in qualche posto, gli uomini in mezzo a una strada. Inaccettabile. E poi tanti bambini sono iscritti alle scuole di Cinecittà, alla Don Gioacchino Rey in via Laparelli. Adesso, tra pochi giorni, come faranno? Nessuno ci risponde». Altre voci: «Niente servizi igienici, si ricorre alla pazienza di bar e ristoranti della zona, per lavarsi ci sono gli amici o le docce sotto al colonnato di san Pietro per i senza tetto. I bagni chimici, chiesti e richiesti, mai arrivati». Sulla sinistra del portico funziona un lavandino di fortuna, proprio sotto la tomba dell’incisore Volpato firmata da Canova, con un tubo attaccato a un rubinetto della Basilica: si lavano i panni e si stendono. E per mangiare? «Tantissimi aiuti degli abitanti di qui. Da questa e altre parrocchie. No, la Caritas non si è vista. Né si è vista la Comunità di Sant’Egidio.
L’emergenza I religiosi: affrontiamo l’emergenza, è lo spirito di papa Francesco
È venuta la Ronda della solidarietà, una onlus. Aspettavamo l’Elemosiniere del Papa che aiuta tutti, ma… Poi ci sono i turisti, tanti: fotografano, non credono ai loro occhi, regalano biscotti e caramelle ai bambini». Di fronte alla tendopoli palazzo Odescalchi, sulla sinistra palazzo Colonna, due regge del patriziato romano. Alberto li guarda: «Roma, ogni sera, diventa un dormitorio all’aperto e nessuno se ne occupa… Ci fanno sentire colpevoli di essere poveri».