La rete di «insospettabili» dem che si schiera a difesa dell’assegno
IL CONFRONTO IN SENATO Da Manconi a Capacchione cresce l’opposizione al testo del collega di partito Richetti
ROMA Cesare Damiano, che ha già approcciato timidamente la materia («così si fa macelleria sociale), ora sostiene che questo disegno di legge è stato scritto da «un incompetente». Trattandosi del «compagno» dem Matteo Richetti, renziano, è chiaro che il livello dello scontro dentro il Pd è già piuttosto alto. E il rischio che il ddl sui vitalizi si imbarchi su un’ennesima navetta tra le Camere, per poi colare a picco con la fine della legislatura, diventa sempre più concreto. Anche perché a guidare la lotta contro il provvedimento sui vitalizi non sono personaggi screditati, peones scafati e vecchi arnesi della politica. In prima fila ci sono figure storiche rigorose come Ugo Sposetti, prodiani tutto d’un pezzo come Arturo Parisi, campioni del giornalismo civile come Rosaria Capacchione. Persone integerrime, non sospettabili di battaglie fatte solo per un tornaconto personale.
Il punto è, come si diceva una volta, ideologico. Perché l’ennesima abolizione dei vitalizi (sono già stati cancellati nel 2011, ora si vuole intervenire sul passato) è indigesta a quella parte della cultura politica dem che è aliena alle concessioni simboliche fatte per lucrare consensi facili. I prodiani, per esempio, son compatti nel denunciare lo schema. Se Sandra Zampa ha spiegato che «non si corre dietro alle grillate per recuperare consensi», Arturo Parisi ha ammonito: «È un provvedimento figlio e padre di un pericoloso sentimento antipolitico che nutre ma non sazia la belva che sta divorando la nostra democrazia». Belva denominata dai più «populismo». Che con i suoi tentacoli, aprendo un varco nella rapacità retroattività dello Stato, rischia per Rosaria Capacchione di creare «una voragine pericolosissima».
Quale sia questa voragine, lo spiega Damiano: «Io non ho nessuna contrarierà a un ulteriore taglio dei vitalizi, fermo restando che sono già stati aboliti per il futuro. Ma introdurre il ricalcolo alle pensioni in essere, è un fatto che per il momento riguarderebbe solo i parlamentari. Poi, aperto il varco e fatto passare il principio, potrebbe essere applicato a qualsiasi pensionato, operai Fiat compresi. E com’è noto, i predatori della previdenza sono sempre in agguato». Per dirla con Delrio (che parlava della scissione pd), sarebbe «come la rottura della diga in California: si forma una crepa e l’acqua dopo non la governi più».
E siccome si sa che le procedure parlamentari sono spesso, per parafrasare von Clausewitz, la continuazione dell’ideologia con altri mezzi, le parole possibiliste del capogruppo Luigi Zanda sono parse promettenti ai nemici del ddl. «Approfondire» la riforma
L’ex ministro Damiano: «Si tratta di un provvedimento scritto da un incompetente» L’ex sottosegretario Manconi: «Dibattito demagogico. La subcultura grillina è un’autentica iattura»
vuol dire, tradotto, effettuare qualche cambiamento. E un solo ritocco farebbe ritornare la legge alla Camera.
Luigi Manconi prova a far prevalere un minimo di razionalità politica: «Io sono d’accordo con Zanda che, con molta serietà, dice che bisogna entrare nel merito della questione, che è delicata. Parlarne non è rincorrere il populismo. Anche se finora ha prevalso un dibattito tragicamente demagogico, come lo era chiedere di votare sì al referendum per ridurre il numero delle poltrone. Credo di poter affermare di essere il parlamentare del Pd meno sensibile alla subcultura grillina, che considero un’autentica iattura. Proviamo a entrare nel merito e discutiamo. Per ora mi pare una legge improvvisata e a forte rischio incostituzionalità».
Tra i senatori in molti non si esprimono. C’è chi dice che il ddl «è stato usato come arma di distrazione di massa». Perché il no al ddl sui vitalizi entra a pieno titolo anche nella guerra a Renzi, condotta non solo dalle opposizioni, ma anche da chi cerca di erodere dall’interno quel che resta dello slancio renziano delle origini.