Il presidente: «Arpaio è un patriota americano». Ma licenzia il consigliere di estrema destra Gorka
DALLA NOSTRA INVIATA
L’ha chiamato un vero patriota americano. Di venerdì sera, mentre il Paese era distratto dall’inizio del weekend e dalla preoccupazione per l’uragano Harvey, da Camp David il presidente ha graziato il controverso sceriffo Joe Arpaio. Ottantacinque anni, uno dei primi e più ferventi sostenitori della linea dura di Donald Trump sull’immigrazione, l’autodefinitosi «sceriffo più tosto d’America», uno che teneva i prigionieri nelle tende con 60 gradi, era stato condannato perché continuava a non rispettare l’ordine del tribunale di mettere fine al fermo e alla detenzione di immigrati solo per il sospetto che fossero senza documenti.
Il fatto che Trump già al comizio di Phoenix avesse fatto intendere la sua intenzione non ha diminuito lo sconcerto della gran parte degli analisti e la rabbia dei democratici (silenzio dai repubblicani, a parte i due senatori dello Stato di Arpaio, l’Arizona: John McCain e Jeff Flake, già ai ferri corti con Trump). I presidenti hanno potere di grazia e spesso nel passato queste decisioni sono state seguite da polemiche, ma qui colpisce la scelta a poche settimane dalla decisione della Corte e prima di qualsiasi appello e il fatto che con il suo comportamento Arpaio non stesse ignorando una legge del Congresso, ma la stessa Costituzione. Senza contare cosa il gesto sembra segnalare sulle intenzioni del presidente. Ha voluto «abituare» l’America a un uso spericolato del potere di grazia per poterlo utilizzare un giorno sui suoi ex consiglieri, da Flynn a Manafort, coinvolti nel Russiagate?
Sempre nella serata di venerdì Trump ha firmato il discusso bando ai trans nell’esercito che ora il Pentagono avrà sei mesi per implementare, e assistito all’ennesima uscita dalla Casa Bianca. Dopo il (per soli dieci giorni) direttore della comunicazione Anthony Scaramucci e il potente stratega Steve Bannon, il capo dello staff John Kelly sarebbe riuscito a spingere alla porta (ma lui parla di dimissioni) anche Sebastian Gorka, consigliere per l’antiterrorismo dal ruolo piuttosto ambiguo e circondato da mille polemiche. Accusato tra l’altro di avere legami con gruppi di estrema destra in Europa, proprio pochi giorni prima di Charlottesville aveva detto che nel combattere il terrorismo i suprematisti bianchi non dovrebbero essere una preoccupazione.