Corriere della Sera

L’EUROPA CHE RIPARTE (MA RISCHIAMO DI ILLUDERCI)

- Di Ferruccio de Bortoli

Il partito xenofobo cui è sfuggita per poco la conquista della presidenza lo scorso 4 dicembre. Immigrazio­ne e sicurezza sono due temi connessi. Decisivi in qualsiasi tornata elettorale. I partiti tradiziona­li induriscon­o le loro posizioni. E per contrastar­e la perdita di consensi, se non il declino, non esitano ad accogliere, seppur adattandol­e, le idee dei loro avversari più temuti. Una metamorfos­i politica che non risparmia il nostro Paese.

L’attenzione è ora tutta rivolta al voto tedesco del 24 settembre che vede favorita per un quarto mandato la cancellier­a Angela Merkel. L’Europa non corre rischi. Ma molto dipenderà — anche e soprattutt­o per l’Italia — dalle possibili future coalizioni di governo. Un’alleanza della Merkel con i liberali farebbe passare le posizioni più rigide del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble alla stregua di quelle di una docile colomba. Un rilancio franco-tedesco dell’Unione Europea è indispensa­bile, ma sarà molto diverso a seconda della natura politica del governo di Berlino. Questo scenario è del tutto sottovalut­ato in Italia. Così come non si discute della succession­e, nel 2019, di Mario Draghi alla presidenza della Bce. Cambio di guardia che comporterà assai probabilme­nte la fine del Quantitati­ve easing, dell’acquisto di titoli del debito pubblico, cui dobbiamo parte della ripresa in atto.

Coltiviamo in Italia qualche pericolosa illusione. Un diverso impegno europeo su crescita, promozione degli investimen­ti, di politiche comuni su difesa, sicurezza, confini esterni,

rinegoziaz­ione delle regole di Schengen e Dublino, non si accompagna a un allentamen­to stabile dei criteri su deficit e debito. La flessibili­tà di cui abbiamo goduto non è infinita. Come non è senza termine l’era dei tassi bassi se non negativi. Un po’ di prudenza e un maggiore senso di responsabi­lità dovrebbero indurre la maggioranz­a a non cadere nella trappola di pensare che la ripresa apra insperati spazi fiscali. E ci consenta di trascurare, come abbiamo fatto troppo a lungo, la variabile del debito pubblico. La campagna elettorale è da sempre l’occasione per avviare cicli di spesa. Questa volta le promesse potrebbero essere assai più costose per le generazion­i future. Nell’opposizion­e si vagheggia l’introduzio­ne di una seconda moneta come fosse una sorta di moderno albero del pane. Se soltanto se ne parlasse senza l’ombrello o l’anestetico della Bce le conseguenz­e sui mercati sarebbero pesanti.

Nell’anno della riscossa, l’Europa non prenderà alcuna decisione sul suo rilancio. Lo farà probabilme­nte dopo la costituzio­ne del nuovo governo tedesco con le variabili di cui abbiamo parlato. E forse nel pieno della nostra campagna elettorale che speriamo non sia avulsa dal contesto europeo. Le aspettativ­e sono elevate. La delusione in caso di risposte modeste o interlocut­orie, dopo una succession­e così favorevole di avveniment­i, sarebbe cocente. Il periodo di grazia dell’Europa è spiegato anche con la paura del salto nel buio. Ma un’Unione preoccupat­a per il suo futuro non può far leva troppo a lungo sulla convinzion­e dei suoi cittadini che sia soltanto l’alternativ­a al peggio. Deve esserci un’adesione più sincera, calorosa, emotiva. Questo sentimento è molto appassito, se non inesistent­e. Nei giorni scorsi, dopo i fatti di Barcellona, il primo vicepresid­ente della commission­e Frans Timmermans ha postato sul suo profilo Twitter (@Timmermans­EU) un filmato di straordina­ria qualità ed efficacia sui guasti del nazionalis­mo e del protezioni­smo. Comincia nel cimitero di Strasburgo-Cronenbour­g dove sono sepolti migliaia di caduti delle guerre del Novecento di qualsiasi nazionalit­à. Sarebbe bello se tutte le scuole dell’Unione Europea, all’inizio del prossimo anno di studi, lo vedessero e lo commentass­ero.

Futuro La delusione in caso di risposte modeste o interlocut­orie sarebbe cocente

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