Corriere della Sera

Addio a Dara, mattatore dell’opera buffa

Il cantante creò un nuovo stile comico. Lanciato da Abbado, fu un grande interprete rossiniano

- Enrico Girardi

Figura unica e inimitabil­e di cantante, il basso più buffo che abbia mai calcato le scene operistich­e, Enzo Dara, classe 1938, è morto l’altro ieri nella sua Mantova dopo una lunga malattia. Come non volergli bene e come non ricordarlo con tutto l’affetto del mondo?

Dara è stato il prototipo del basso buffo moderno, il Don Bartolo-Don Magnifico-Don Pasquale-Don Profondo che ha reinventat­o i personaggi comici di Rossini, Donizetti e decine di altri compositor­i d’opera buffa, deliziando le platee del globo operistico; ma anche l’uomo cordiale e ironico che, smessi i panni da mattatore della scena, ha scritto libri, insegnato, trasmesso segreti e conoscenze ai giovani come suggeritor­e, maestro, regista. Era umile e del tutto estraneo al proverbial­e divismo della primadonna lirica; eppure, gli bastava entrare in scena con quegli occhialini tondi e quei passettini da vecchio barbogio, che la platea ne rimaneva soggiogata ancor prima che cantasse una nota. Dietro il carisma che fa sembrare tutto facile c’era rigore nelle tecniche del sillabato, della coloratura, del fraseggio: ciò che rendeva impareggia­bili gli scioglilin­gua tipici da basso buffo. Che prima di Dara era un ruolo meccanico, frusto come le gag che usavano un tempo; ma che egli ha trasformat­o in un ruolo comico sì, ma anche ricco di umanità e di quel fondo di malinconia, fragilità e amarezza che commuove.

Nessuno infatti ha mai cantato il donizettia­no «È finita, Don Pasquale!» con la poesia che sapeva sprigionar­e lui. E tale era la padronanza della scena che poteva permetters­i ogni cosa, uscire dal copione, aggiungere o togliere battute: come in quel Viaggio a Reims a Vienna — lo racconta lui stesso nel libro Anche il buffo nel suo piccolo, capolavoro di sagacia — in cui sostituiva la bacchetta di Abbado con un würstel, costringen­do il maestro a dirigere i Wiener con la prelibata salsiccia, di cui infine si riappropri­ava per addentarla voracement­e, mentre il compassato pubblico viennese si piegava in due dalle risate. La cucina, del resto, era la sua vera passione extra musicale, superata forse solo da quella per il ciclismo, condivisa con l’amico di sempre Leo Nucci. Abbado invece è il musicista che ha dato il la alla sua carriera, complice Alberto Zedda che aveva avuto l’intuizione di presentare l’uno all’altro. Da quel giorno il celebre maestro non diresse più opere buffe se non era certo di avere Dara nel cast. E quella memorabile Trilogia buffa rossiniana degli anni 70 alla Scala, di assoluto riferiment­o ancora oggi, non sarebbe stata tale senza il frizzante contributo comico del basso mantovano. Enzo Dara ha avuto un solo maestro, Bruno Sutti, e una sola compagna, la moglie Ivana, sempre al suo fianco in ogni dove. La coppia non ha avuto figli ma ha accudito con amore i primi passi artistici di voci come Eleonora Buratto,

Improvvisa­zioni Padrone della scena, poteva permetters­i di improvvisa­re, togliere o aggiungere battute

Luca Salsi, Roberto Frontali, Giovanni Romeo e altri.

L’ultima soddisfazi­one artistica, Dara l’ha avuta curando la regia di Don Pasquale alla Fenice nel 2015. Tre mesi fa la Scala ha organizzat­o una giornata di studi in suo onore, mentre in luglio il prefetto di Mantova gli ha conferito il titolo di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana. Ora «È finita, Don Pasquale!».

 ??  ?? Con gli occhialini Enzo Dara in «L’Italiana in Algeri» opera di Rossini ispirata a un fatto di cronaca realmente accaduto
Con gli occhialini Enzo Dara in «L’Italiana in Algeri» opera di Rossini ispirata a un fatto di cronaca realmente accaduto

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