Quando il dolore diventa cronico bisogna aiutare anche la mente
uccede solo a cinque persone su cento, ma succede: il mal di schiena acuto in alcuni casi diventa un problema cronico, ovvero dura più di tre, sei mesi senza risolversi nonostante i trattamenti.
«Si tratta di situazioni più complesse, in cui all’iniziale problema organico che ha avviato il dolore si aggiungono fattori psicologici e sociali che mantengono un circolo vizioso: il dolore diventa esso stesso malattia che si auto-alimenta, non è più solo un sintomo — spiega Francesca Di Felice, fisiatra dell’Isico di Milano —. Quando la lombalgia è cronica peraltro è più difficile che si ritenendo solva senza strascichi e cambia perciò l’obiettivo, che diventa la capacità di gestire il dolore e conviverci: serve l’aiuto dello specialista, ma soprattutto affiancare alle terapie fisiche con fisioterapia ed esercizio un intervento cognitivo-comportamentale, perché spesso i pazienti instaurano comportamenti inadeguati che peggiorano la situazione».
«Nel cronico diventa fondamentale, per esempio, modificare certi movimenti per non provare dolore ed evitare allo stesso tempo di smettere di muoversi — aggiunge Luca Selmi, fisioterapista dell’Isico —. Lo scopo è tornare alla migliore funzionalità possibile conto dei limiti della schiena del paziente, che saranno diversi in un trentenne o in un settantenne».
La fisioterapia è un’opzione utile in caso di mal di schiena cronico, ma non è certo un percorso breve e molti faticano ad accettare una terapia a lungo termine. «Purtroppo serve pazienza, non basta una seduta o una manipolazione per raggiungere un risultato — ammette Selmi —. Tre o quattro mesi di fisioterapia poi non servono a molto, se il paziente non comprende che è lui il primo fisioterapista di se stesso».