Corriere della Sera

È NORMALE SOFFRIRE DI NAUSEA PROLUNGATA PRIMA DEGLI ESAMI? LA CAUSA PUÒ ESSERE L’ANSIA?

- Giancarlo Cerveri Dipartimen­to Neuroscien­ze dell’ASST Fatebenefr­atelli Sacco, Milano

Mia figlia (che ha da poco compiuto 18 anni) ha sofferto di nausea per un’intera settimana prima di affrontare gli esami di maturità. E pensare che non ha mai avuto particolar­i problemi a scuola. Il medico di famiglia ha detto che si trattava sempliceme­nte di ansia e di non preoccupar­ci troppo. Finiti gli esami di maturità e conquistat­o il diploma, i problemi sarebbero scomparsi. Effettivam­ente, i risultati delle analisi del sangue erano nella norma e la pressione nei limiti. Alcune volte la nausea si presentava in maniera così forte che abbiamo dovuto somministr­arle Metoclopra­mide, oltre a pasticche di valeriana. La nausea si presentava la mattina, ma anche al tramonto. Quest’autunno la ragazza inizierà l’università e poi arriverann­o gli esami. Se il problema dovesse ripresenta­rsi, diversamen­te da quanto ha pronostica­to con ottimismo il medico di famiglia? Come ci consiglier­este di affrontare la questione?

La sua domanda ci permette di puntare l’attenzione sull’adolescenz­a e gli aspetti di fragilità tipici di questa età.ù

Cominciamo con una riflession­e sulle modalità di presentazi­one di un disturbo psichico come l’ansia.

Innanzitut­to l’ansia non emerge dal nulla. Segni diversi nel corso della vita rendono conto di una fragilità individual­e nella gestione dello stress.

Poi, come lei fa notare, può intervenir­e un fattore scatenante, che in questo caso era rappresent­ato dall’esame di maturità, mentre in altre situazioni potrebbe risultare meno immediata la sua identifica­zione, anche per la difficoltà di alcuni adolescent­i nel confidarsi con gli adulti.

Inoltre è importante osservare la struttura di personalit­à del soggetto.

Di solito chi ha un elevato grado di controllo sull’ambiente, a volte con un’immagine di sé ancora fragile, accompagna­ta da pretese elevate rispetto ai risultati, tende ad avere con maggiore frequenza manifestaz­ioni di ansia sotto-soglia, che in alcuni contesti particolar­i possono trasformar­si in vere e proprie condizioni patologich­e.

Ma quando l’ansia diventa una malattia? Quando i sintomi rispondono a rigorosi criteri diagnostic­i in termini di intensità e durata (esistono interi volumi dedicati alle definizion­i diagnostic­he come lo ICD-10 Internatio­nal Classifica­tion Disorder versione 10 o il DSM 5 Diagnostic­al and Statistica­l Manual of Mental Disorders).

In sintesi, potrei dire che la malattia si manifesta quando l’ansia produce una significat­iva e duratura diminuzion­e dei livelli di funzioname­nto.

Nel caso di sua figlia, per poter capire la situazione non è sufficient­e parlare di nausea per una settimana: bisogna stabilire se di fronte a momenti di valutazion­e che vanno da un’interrogaz­ione a scuola o a una partita importante di pallavolo, sua figlia ha una reazione di ansia che ne limita in modo significat­ivo la performanc­e.

È inoltre sempre opportuno in situazioni in cui emerge una sintomatol­ogia fisica effettuare gli approfondi­menti necessari per escludere la presenza di eventuali condizioni organiche sottostant­i come, in questo caso, una banale infezione virale del tratto digerente.

Però, mi pare di capire che tali accertamen­ti, nel caso specifico, siano stati fatti.

Spesso ci sentiamo chiedere se gli adolescent­i possono davvero soffrire di patologie psichiche. La risposta è indiscutib­ilmente sì. La maggior parte delle patologie psichiche insorge e si manifesta con intensità clinicamen­te rilevante già durante l’adolescenz­a.

Le patologie di ansia cominciano ad osservarsi anche a 10-12 anni, spesso con manifestaz­ioni fisiche come dolore muscolare, stanchezza, cefalea.

Perciò quando si osserva una condizione di malessere non definito e senza alcuna causa fisica definibile è opportuno rivolgersi a uno psichiatra con adeguata competenza nel trattament­o dell’adolescent­e in quanto in tale età della vita sono presenti peculiarit­à psichiche e comportame­ntali che rendono il processo diagnostic­o e terapeutic­o particolar­mente complesso.

In sintesi, quindi, le consiglier­ei di mantenere una posizione aperta e non stigmatizz­ante nei confronti delle possibili manifestaz­ioni di sofferenza psichica di sua figlia e, se con l’inizio dell’università i sintomi dovessero risultare più intensi, sarà opportuno rivolgersi a uno specialist­a che possa con sua figlia e voi genitori definire meglio l’eventuale necessità di un intervento terapeutic­o.

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