Migranti e case confiscate Spuntano 18 milioni per la ristrutturazione
Via Curtatone, l’inchiesta alza il tiro
Un «tesoretto» per ristrutturare i beni confiscati alla criminalità organizzata. Diciotto milioni di euro già stanziati, per rendere immediatamente accessibili quegli edifici ormai di proprietà dello Stato ma ancora mai sfruttati. È la novità che affiora alla vigilia dell’incontro al Viminale (la riunione di ieri è stata aggiornata) per stabilire nuove direttive sugli immobili da liberare.
Intanto a cinque giorni dallo sgombero di piazza Indipendenza l’inchiesta su via Curtatone fa un primo salto di qualità. Sulla base degli elementi a disposizione, il reparto della Digos che indaga sulla vicenda ha depositato in Procura una relazione nella quale descrive uno scenario di totale illegalità. Un’occupazione eterodiretta da
un gruppo di persone, forse legate a movimenti di lotta per la casa, che avrebbe imposto agli occupanti il pagamento di un affitto, sia pure molto modesto: ma a che titolo?
Nell’immobile sono state trovate le ricevute dei pagamenti. Fra i reati denunciati, quello di associazione a delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed estorsione.
L’ipotesi è che nel palazzo vicino alla stazione Termini si fosse organizzato una sorta di «bed and breakfast» a prezzi stracciati per profughi e immigrati in generale. Pile di tessere rinvenute (con stampato il logo dell’edificio e la scritta «Palazzo di Indipendenza») fanno pensare a qualcosa di differente dall’autogestione. Secondo le testimonianze fornite agli investigatori, alle famiglie ospiti dei sette piani di via Curtatone era richiesto di presentarsi all’ingresso con quella tessera, tipo badge per entrare e uscire dall’edificio. La Digos insomma ipotizza un’organizzazione vera e propria e sulla base delle sue richieste, oggi, potrebbe ottenere di fare delle perquisizioni negli spazi sgomberati.
Nel frattempo la Sea, assistita dall’avvocato Carlo Arnulfo, ha elaborato un primo calcolo dei danni: i quattro anni di occupazione sarebbero costati alla proprietà sedici milioni di euro. Quanto al Viminale, i punti fermi della direttiva sono quelli già anticipati in questi giorni: non autorizzare sgomberi se prima non sia stata concordata una soluzione dignitosa per le famiglie. E, laddove i sindaci temporeggino o siano latitanti, in quel caso la palla passa ai prefetti. Questi ultimi possono decidere di sistemare le persone in un alloggio confiscato o perfino (misura estrema) arrivare a requisirne uno pubblico.