Corriere della Sera

Terzo round sulla Brexit. Ma avanza l’idea della sospension­e

- L. Ip.

DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

L’Europa è preoccupat­a. E chiede alla Gran Bretagna di fare sul serio. Ieri è partito a Bruxelles il terzo round di trattative sulla Brexit, dopo la pausa estiva: ma le posizioni restano distanti. Michel Barnier, il diplomatic­o francese che guida la delegazion­e Ue, ha chiesto ai britannici di cominciare «a negoziare seriamente»: «Per essere sincero, sono preoccupat­o — ha aggiunto —. Il tempo passa velocement­e». Sono trascorsi cinque mesi dal lancio della procedura di separazion­e e i passi avanti sono stati minimi: resta un anno per trovare un accordo complessiv­o che poi dovrà essere ratificato dai parlamenti europei entro marzo 2019, quando Londra si troverà fuori dall’Unione. Eppure durante l’estate sono cambiate molte cose. I britannici hanno prodotto una serie di documenti che a Bruxelles sono stati letti «molto attentamen­te». In particolar­e, gli inglesi hanno accettato l’idea di un periodo di transizion­e post Brexit in cui sarà replicata l’attuale unione doganale, per evitare uno stop ai commerci; e soprattutt­o si sono rassegnati a una giurisdizi­one «indiretta» della Corte europea, che costituiva una linea rossa apparentem­ente invalicabi­le. Il che vuol dire anche che per un certo periodo continuerà la libera circolazio­ne delle persone. In pratica, il partito della «soft Brexit», il divorzio morbido, ha avuto il sopravvent­o nel governo, a causa dei timori di gravi contraccol­pi sull’economia. E lo stesso ministro degli Esteri Boris Johnson, fino a ieri amante delle provocazio­ni, ha ammesso che Londra dovrà versare il conto della separazion­e nelle casse comunitari­e. Gli europei chiedono però che si definisca al più presto l’entità di Ex premier questa cifra, oltre a risolvere la questione dei diritti dei residenti Ue e quella del confine nordirland­ese: solo allora si potrà passare a discutere della relazione futura tra Europa e Regno Unito. Ma il governo di Londra è sotto pressione ulteriore dopo la svolta laburista. Il partito di Jeremy Corbyn chiede ora di congelare lo status quo per diversi anni: in pratica, di sospendere la Brexit. E allora non è un caso che in questa stessa settimana il presidente della Commission­e Ue Jean-Claude Juncker incontri Tony Blair, che dall’ombra tira le fila del partito anti Brexit: se fino a qualche mese suonava come una voce nel deserto, la ricomparsa negli uffici di Bruxelles dell’ex premier britannico è un segnale della direzione in cui le cose si stanno muovendo.

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Tony Blair, a Downing Street fino al 2007

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