«Il problema non è la fede ma la rigidità»
«Nello scegliere una famiglia affidataria si deve tenere conto di tutti gli aspetti che riguardano il bambino, di chi è e della sua storia. La religione è ovviamente uno di questi». Flavia Salteri coordina gli affidi professionali per la cooperativa Comin, che affianca tra gli altri il Comune di Milano nella scelta e formazione dei genitori affidatari per i bimbi temporaneamente allontanati dalle famiglie di origine.
Come funziona l’abbinamento di bimbi e famiglie in Italia?
«Abbiamo tante esperienze positive di affidi “omoculturali” (che condividano cioè lo stesso background di fede e valori), sia a Milano che a Genova, che in altre città. Ma ci sono e ci saranno ancora tanti casi in cui non è così, per esempio di bambini musulmani accolti da genitori affidatari cattolici».
Comporta che i bimbi rinuncino alla propria fede?
«Assolutamente no. Nessuno deve farlo: il fatto che si incontrino religioni diverse non è un ostacolo a un buon affido. Quello che crea problemi piuttosto è un’eccessiva rigidità».
Cosa intende?
«Un buon genitore affidatario deve accogliere le differenze, sennò ha sbagliato mestiere. Deve aprire la porta a qualcuno che arriva con una storia diversa. Non riguarda solo la religione, ma mille altre cose: essere sportivi o pigri, amare la lettura o no... Si può “contaminare” il bimbo che si accoglie con le cose che si amano, ma lasciando sempre spazio alla sua individualità».
La famiglia inglese ha sbagliato tutto quindi...
«C’è una responsabilità degli operatori: un buon servizio affidi deve capire se una famiglia ha rigidità e su certi temi. E in quel caso evitare di collocare presso di loro bimbi molto diversi sotto quegli aspetti».