Sciopero dei prof, esami universitari a rischio
I docenti chiedono gli scatti di stipendio degli ultimi cinque anni. Il gelo del ministero: «Un errore»
«Abbiamo avuto un danno economico, esistenziale e di immagine», sbotta il professor Carlo Ferraro, decano al Politecnico di Torino, che con il «Movimento per la dignità della docenza universitaria» ha ingaggiato la lotta per il riconoscimento degli scatti dello stipendio ai docenti universitari, bloccati dal 2011 al 2015. E «dopo tre anni di battaglie pazienti e pacate non potevamo fare altro che scioperare. Dobbiamo creare disagio sì, ma — precisa — non danni ai nostri studenti». Così fino al 31 ottobre almeno 5.444 professori e ricercatori di 79 Università e enti di ricerca italiani salteranno un appello d’esame. Anche se verrà garantita una data straordinaria nel caso ci sia una sola possibilità nella sessione autunnale.
Gli oltre cinquemila, circa un decimo dei docenti dei ricercatori italiani, sono quelli che hanno firmato a giungo l’appello per indire lo sciopero ma Ferraro dà per scontato che l’adesione sarà più ampia: «Ne avremo certezza nei prossimi giorni, quando i colleghi manderanno al ministro, al rettore e a noi la comunicazione della giornata di sciopero, ma saremo molti di più».
Una protesta clamorosa che non si vedeva da 40 anni nelle università italiane: all’epoca chiedevano una riforma, che poi è arrivata nel 1980; oggi scioperano per vedersi riconoscere lo stesso trattamento degli altri dipendenti pubblici. «Il primo gennaio 2016, dopo cinque anni, ci è stato tolto il blocco dello stipendio — spiega il professore —, ma senza effetti pregressi: è come se per tutta la carriera, pensione e liquidazione compresi, quei cinque anni non ci fossero mai stati. Invece agli altri 3 milioni di dipendenti pubblici è stato riconosciuto il quadriennio pregresso. Perché penalizzarci a vita? Quello che pongo è un problema di dignità. Io sono a fine carriera, non ne risento molto, ma ai più giovani, che con sacrifici e responsabilità enormi a 40 anni sono diventati ricercatori con 1.500 euro netti al mese, si toglie qualche centinaio d’euro per tutta la carriera. Soldi sui quali avevano contato».
Ma ora lo Stato dovrà trovare le risorse per portare gli stipendi in pari. «Se c’è la volontà politica — secondo Ferraro — i soldi si trovano e noi abbiamo fatto anche delle proposte intermedie, riconoscercene almeno una parte. Inoltre gli Atenei hanno già una parte delle risorse in cassa, hanno accumulato un tesoretto».
Sullo sciopero è calato il gelo del Miur, che l’ha già definito «un errore che si scarica sugli studenti», una protesta «impropria e impopolare». Nelle scorse settimana la ministra Valeria Fedeli aveva assicurato di lavorare in prima persona a una soluzione, che sarebbe già stata individuata d’intesa con Palazzo Chigi, con una cifra che viene definita «a disposizione», ma occorrerà aspettare la legge di Bilancio.
All’inizio di agosto Fedeli aveva scritto anche al garante degli scioperi per informarlo sulla possibilità di sbloccare la situazione. La ministra è anche pronta a incontrare l’esecutivo della Crui, la conferenza dei rettori, che aveva già visto il 25 luglio, per affrontare il problema con una rappresentanza qualificata del corpo docente.