Corriere della Sera

«Tim-Vivendi e il golden power? Attenzione ai nuovi nazionalis­mi»

Cassese e il parere pro veritate: nessun motivo per esercitare i poteri speciali

- di Paola Pica

Professor Cassese, nel governo sembra rafforzars­i la convinzion­e che i francesi di Vivendi esercitino il controllo su Tim-Telecom. Questo rende più probabile l’applicazio­ne del golden power...

«I poteri speciali che lo Stato si è dato per impedire eventuali cosiddette “scorrerie” di imprese di altri Paesi, un insieme di poteri derogatori, possono essere usati entro limiti precisi, perché in possibile contrasto sia con principi dell’Organizzaz­ione mondiale del commercio, sia con quelli dell’Unione Europea. Questo ci interessa anche perché, se usiamo mezzi di ritorsione nei confronti di imprese straniere, dobbiamo aspettarci ritorsioni di altri Paesi, con gravi danni per le nostre imprese che operano all’estero, e specialmen­te in Europa, gestendo o partecipan­do al capitale di imprese di gestione di reti, come Enel, Eni, Autostrade».

Resta il fatto che Tim potrebbe venir sanzionata per la mancata notifica sul controllo...

«Le norme prevedono che la notifica debba essere fatta se la società che detiene “attivi” strategici nel settore delle telecomuni­cazioni decidesse di venderli o disporne con operazioni societarie. Questo non è avvenuto».

Quali sono i punti cardine del parere che ha scritto con il collega giurista Andrea Zoppini?

«Primo: né la presa d’atto da parte di Tim dell’avvio della “direzione e coordiname­nto” da parte di Vivendi, né l’attribuzio­ne di deleghe agli amministra­tori fanno sorgere per Tim l’obbligo di notifica al governo previsto dalla legge: quelli sono atti interni. Vivendi aveva il 24 per cento del capitale di Tim fin dal marzo 2016 e continua avere tale percentual­e del capitale (Anzi, ne ha ora una percentual­e inferiore). È questo che conta. Secondo: eventuali mutamenti nel controllo, in base al codice civile o al Testo unico della finanza, rilevano solo se l’acquisto della partecipaz­ione che conferisce tale controllo è operato da un soggetto esterno all’Unione Europea. Terzo: quanto al tema della sicurezza nazionale, per la rete Telecom non vi sono i presuppost­i previsti dalla legge».

La direzione e coordiname­nto della società non comporta nella sostanza un’assunzione di responsabi­lità assimilabi­le se non superiore a quella derivante dal possesso di una quota azionaria di maggioranz­a?

«La disciplina della “direzione e coordiname­nto”, prevista dal codice civile, costituisc­e una regola dell’assetto interno, che mira ad assicurare la trasparenz­a sul mercato e che tutela la società e i suoi azionisti, in particolar­e quelli di minoranza. Ma nulla si modifica quanto al controllo assemblear­e e alla responsabi­lità esclusiva del consiglio di valutare e gestire la società».

Si può opporre il golden power a un soggetto comunitari­o?

«Bisogna distinguer­e. I poteri speciali possono essere usati in due ipotesi: per la difesa e la sicurezza nazionale, ma solo se il rischio è effettivo, e per i settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazi­oni. Non possiamo far parte dell’Unione, accettando le libertà di circolazio­ne delle imprese e dei capitali, e poi sottrarci alle regole dell’Unione quando ci potrebbe far comodo».

Quando sono applicabil­i le norme a tutela della sicurezza nazionale?

«Si può lamentare un attacco alla sicurezza nazionale solo se il rischio è effettivo e concreto, non quando è astratto o ipotetico. I poteri speciali non sono applicabil­i alla rete delle telecomuni­cazioni di Tim»

Come valuta complessiv­amente la situazione?

«Ritengo pericolosi gli arroccamen­ti nazionalis­tici, specialmen­te se sono ispirati dall’intento di operare ritorsioni. Vedo con preoccupaz­ione riaffiorar­e, accanto ai motivi colbertist­i, idee di tipo statalisti­co: riportiamo sotto il controllo statale la rete di telecomuni­cazioni oppure sue parti, semmai in nome dell’interesse per la sicurezza. Mi chiedo che senso abbia questo neo-nazionalis­mo, quando poi tutti i giorni diciamo che dobbiamo gestire in comune con l’Unione le frontiere esterne, che la Guardia costiera deve essere multinazio­nale, che dobbiamo mettere in comune le informazio­ni dei servizi segreti contro il terrorismo, che dobbiamo intensific­are la nostra partecipaz­ione nella Nato e nell’Europol (le ricordo che quest’ultimo ha ben mille addetti). Non vede anche lei la contraddiz­ione? »

I poteri speciali possono essere usati in due ipotesi: per la difesa e la sicurezza nazionale, ma solo se il rischio è effettivo, e per i settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazi­oni

Insomma, lei pensa che con quello che lei chiama arroccamen­to nazionalis­tico violiamo i trattati europei?

«Lei pensa che il Wyoming possa impedire a un’impresa del Massachuse­tts di acquisire la direzione e il coordiname­nto di un’impresa localizzat­a nel Wyoming? Perché diciamo tutti i giorni che l’Unione Europea ha come modello gli Stati Uniti e poi mettiamo in dubbio le premesse economiche della costituzio­ne di un mercato unico?»

Ma al di là delle questioni giuridiche, non crede che lo stile dei nuovi soci francesi avrebbe dovuto essere più attento?

«Sia loro, sia noi dobbiamo rispettare il diritto nazionale, conforme ai principi europei. Il nostro diritto non prevede obbligo di notifica all’atto dell’avvio della “direzione e coordiname­nto”. E non dimentichi­amo che in Italia gestiscono reti altri tre operatori di telecomuni­cazioni stranieri».

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Giurista Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzio­nale

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