IL CANE PASTORE IL COSACCO E ALTRE PILLOLE
Artista russo di origine ebraica, Grisha Bruskin (Mosca, 1945) fa parte di quegli autori — come Sergej Dovlatov (1941-1990) — che affidano ai taccuini la propria storia, ma come se volessero diluirla in pillole. Ed ecco Imperfetto passato, a cura di Alessandro Niero (Voland, pagine 448, 25) dell’autore che dal 1988 vive fra Mosca e New York.
Su un immaginario palcoscenico, sfilano centinaia di personaggi che hanno avuto un’incidenza sulla vita del pittore e scultore moscovita. A cominciare dalla tata Njurka che, al momento di amoreggiare con un soldato, lascia solo il bambino che viene assalito — anche se per gioco — da un pastore tedesco e, terrorizzato, perde la parola. Quando la riacquista, due anni dopo, la domestica viene cacciata. Seguono: la genesi dell’interesse per l’arte; la storia del cosacco che, per impossessarsi dell’anello d’oro di una zia, non riuscendo a sfilarlo dal dito glielo tronca con la sciabola; i primi disegni; il suicidio, a 94 anni, della coppia di due prozii «inghiottendo del veleno, come gli antichi romani». Non manca qualche quadretto divertente, come quello dei Magaras, parenti della moglie Alesja, dipendenti tutti della Direzione centrale degli zuccherifici («Genrietta, nota per il suo caratteraccio; Zinovij, che se la doveva sopportare; Ida, la cui età — 107 anni — era sempre la stessa; David, perennemente stitico; Pavel che cantava ad alta voce canzoni popolari russe in cucina sperando che a Ida venisse un infarto») o come la storia del cognato dell’artista, Michail, «metà ebreo» («piazzatosi davanti allo specchio, divideva il suo riflesso ora in orizzontale, ora in verticale, cercando di determinare quale fosse la metà ebrea e quale no») o, ancora, come la vicenda del vecchio pecoraio del Kazakistan cui Bruskin, giovane universitario, fa il ritratto («Toglimi le rughe, hai mai visto i ritratti di Breznev o di Kosygin? Hai presente di che anno sono? Di rughe, però, neanche l’ombra»). E ancora: del pittore Michail Odnoralov che, in visita da Grisha, gli legge alcune poesie («“Le ho appena scritte”. Invece erano versi di Osip Mandel’stam che sapevo a memoria») o della nonnetta che assieme alle immagini sacre aveva messo il ritratto del maresciallo Vorosilov su un cavallo bianco, preso da una rivista («e vi si genufletteva davanti pensando che fosse San Giorgio il Vittorioso»).
Sul palcoscenico passano come lampi anche Stalin, Kruscev, Breznev, Gorbaciov, mentre la biografia di Bruskin viene sintetizzata in pochi tratti. Dalla sua entrata nell’Unione degli artisti, alle prime due personali a Vilnius (1983) e a Mosca (1984) chiuse quasi subito, all’exploit del 7 luglio 1988, quando la Sotheby’s decide di fare la sua prima asta di artisti russi. Bruskin vende ben sei lavori a una cifra stratosferica per Mosca (930 mila dollari), di cui 416 mila solo per Lessico fondamentale. Si scoprirà, dopo, che Lessico, comprato da un collezionista bavarese, avrebbe voluto acquistarlo Elton John, tant’è che il giorno dopo l’asta, il cantautore inglese, sempre attraverso Sotheby’s, offre al tedesco una cifra maggiore, ma viene rifiutata.
L’asta dà fama internazionale a Bruskin che espone in gallerie famose, musei e viene invitato da celebri collezionisti. In America, ricorda, è accolto trionfalmente da uno di loro. «Gli ospiti accorsi, tutti agghindati, apparivano belli, intelligenti e simpatici come non mai. Facevano a gara per socializzare con me […] Il cibo era ottimo. I camerieri, in candidi smoking, guizzavano fra i tavoli senza far rumore. Mi sentivo il piatto forte del programma».