Billy Elliot francese
Verso la Mostra Ritratto di una società omofoba in «Marvin» che ricorda il celebre film britannico Storia (vera) di un ragazzo gay oppresso dai bulli La regista Anne Fontaine: rinascita grazie all’arte
Occhi celesti e viso d’angelo, Marvin è un ragazzo bello e sensibile. Fin troppo, visto il contesto dove vive, una famiglia soffocante e brutale, un paese della Francia profonda, luogo di paure e pregiudizi. Gente rozza e dimenticata con cui non ha niente in comune. E a scuola non va meglio, Marvin non gioca a calcio, non fa a botte, non insulta. Per i suoi compagni quindi è un debole, un diverso da irridere, spintonare, aggredire. Da trascinare nei gabinetti per insozzargli la bocca di rossetto, come una femmina. O come un pédé, insulto massimo da quelle parti, dove i «froci» sono dei «degenerati», come spiega a Marvin suo padre, inconsapevole della vera natura del figlio.
«Oggetto di bullismo da parte dei suoi coetanei, di vergogna da parte della famiglia, Marvin non comincia col piede giusto nella vita» commenta Anne Fontaine, che di quell’adolescente costretto a reinventare il suo destino ha fatto l’eroe del suo film, a lui intitolato, in gara a Venezia nella sezione Orizzonti. Se da un lato la regista si è ispirata all’autobiografia di Edouard Louis (in Italia pubblicata da Bompiani) dall’altro confessa l’ascendenza di un film come Padre padrone dei Taviani. «Lì era il figlio di un pastore sardo che sfidava il padre per seguire la sua passione per la scrittura, qui è il figlio di un operaio di provincia che trova nel teatro la via per esprimere se stesso e liberarsi dai lacci di una società oppressa e opprimente, terreno ideale di una destra xenofoba e omofoba».
Un riscatto attraverso l’arte che fa venire in mente un altro giovane eroe, quel Billy Elliot protagonista di un film inglese che tanto fece scalpore anni fa, un’altra storia vera, il sogno impervio di un ragazzino diseredato, figlio di un minatore, deciso, contro gli schemi correnti, a diventare un ballerino classico.
Come Billy, anche Marvin troverà la sua fata buona in un un’insegnante. La prof. Clement, che ne intuisce il talento nascosto. «Un corso di recitazione sarà l’occasione di lasciar uscire quel grumo di emozioni fino allora negate. È commovente vedere quel ragazzo, abituato solo alle imprecazioni del padre, pronunciare le parole di Labiche o di Victor Hugo...».
La scoperta choc lo spinge a tentare l’esame per il Conservatoire d’art dramatique di Parigi. «Invano il padre cerca di nascondergli la lettera di ammissione, Marvin lascerà il paese, inizierà la sua seconda vita. Fatta di arte e relazioni libere, senza più l’angoscia di doversi nascondere. Una rinascita suggellata dal cambio di nome: non più Marvin Bijou ma Marvin Clement, come la prof che l’ha rimesso al mondo. La seconda madre».
La terza sarà Isabelle Huppert che, intuendone le doti, si farà carico di portare a termine il viaggio di Marvin. «Hai fatto tutti i ruoli, adesso fai te stessa — le ho chiesto —. E lei ha accettato la sfida con aerea leggerezza, da icona della scena e dello schermo qual è, ma anche da maestra di vita e teatro. La stella di Marvin nascerà sulla ribalta delle Bouffes du Nord, al fianco di Isabelle».
I miracoli accadono. Marvin ce l’ha fatta, ma non senza sofferenza. «Strappare le radici vuol dire strapparsi il cuore. Lo so bene, anch’io ho lasciato il mio paese, sono arrivata molto giovane a Parigi per costruirmi una nuova identità attraverso la danza. Ma come compiere quel distacco senza tradire se stessi? Si può amare chi ti ha messo al mondo per la seconda volta senza smettere di amare quelli che l’hanno fatto per primi, pur se li hai rifiutati?».
Interrogativi complessi a cui Marvin (Jules Porier e Finnegan Oldfield nel ruolo di lui ragazzo e di giovane uomo) tenta di rispondere con il coraggio della verità, dando voce alla parte più segreta di se stesso. «Alla fine la crescita di Marvin sarà anche quella dei suoi genitori, è lui a educarli. Un percorso comune a tanti giovani d’oggi, più liberi solo in apparenza». I tabù sono duri a morire. «L’omosessualità e più ancora la diversità, il vero scandalo di oggi» sostiene Fontaine, interprete di temi perturbanti dai tempi di Nettoyage à sec, presentato sempre al Lido 20 anni fa. «Era la storia di un amore a tre, quando arrivò la scena di nudo tra i due uomini la sala venne giù dai fischi. Una proiezione che non scorderò mai».
Con Isabelle Huppert La diva interpreta se stessa, il protagonista scopre il successo a teatro accanto a lei