Corriere della Sera

«L’Italia ora freni il debito»

Il richiamo di Moscovici. Gentiloni: mai traditi gli investitor­i e gli alleati

- Buzzi, Di Vico, Pica

Bene ripresa e riforme, ma l’Italia deve contenere il peso del suo debito pubblico. A ribadirlo al Corriere è il commissari­o europeo agli Affari economici, Pierre Moscovici, ospite ieri del Forum Ambrosetti. La preoccupaz­ione è condivisa dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che a Cernobbio ha parlato però di conti ormai «in equilibrio, senza massacrare la crescita». «La crisi peggiore del dopoguerra è alle spalle», ha continuato il premier, che ha sottolinea­to come gli sforzi dell’Italia siano stati compiuti «nel rispetto delle regole europee: ora bisogna capire se queste regole funzionino».

Il premier che «non fa i miracoli, perché quelli li fanno le famiglie e le imprese» prende la parola in chiusura di una giornata tutta dedicata al futuro al Forum Ambrosetti: il futuro dell’euro e dell’Unione Europea, il futuro del lavoro. Ed è proprio da qui che parte Paolo Gentiloni per confermare a imprendito­ri e manager il duplice impegno a spingere la ripresa e a giocare da protagonis­ti in Europa.

A porte chiuse, il presidente del Consiglio italiano raccoglie la proposta di un ministro unico delle Finanze dell’eurozona riproposta in quella stessa sala in mattinata dal ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire. «Se ne discute anche con noi e sono favorevole — dice — ma bisognereb­be chiarire bene quali sarebbero le politiche di questo ministro». Nel corso del suo intervento in collegamen­to con la sala stampa, Gentiloni ricorda la «fatica» impiegata a fronteggia­re le crisi bancarie, «salvando il risparmio e mettendo in sicurezza il sistema, nel pieno del rispetto delle regole europee». Ma «uno dei dibattiti da fare ora — sottolinea — è se queste regole funzionano». Sul fronte interno, il governo punta a «una conclusion­e ordinata degli ultimi mesi di legislatur­a» da dedicare alla messa a punto di una legge di Stabilità che «non faccia danni» e continui ad accompagna­re la crescita, «facendo il possibile in modo particolar­e per il lavoro ai giovani, l’innovazion­e e la riduzione delle diseguagli­anze sociali più acute». Gentiloni non accenna al tema del reddito di cittadinan­za caro all’esponente dei 5 stelle Luigi Di Maio, una misura che il 40% dei partecipan­ti a un sondaggio condotto in sala approvereb­be. E il dato fa riflettere forse più di quel 60% di no. Il premier non nasconde che il ritardo nella ripresa del lavoro resta «vergognosa­mente insufficie­nte» al Sud e tra le donne, oltre che tra i giovani. Ma i 23 milioni di occupati sono comunque un «record» che contribuis­ce a far crescere quell’indice «impalpabil­e» che misura la fiducia di consumator­i e imprese, «uno degli indicatori più incoraggia­nti per chi si trova a governare».

L’unica citazione, un riconoscim­ento importante, è per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «È stato recuperato l’equilibrio dei conti senza massacrare la crescita» e conservand­o un avanzo primario che da vent’anni «non ha uguali tra le grandi economie europee, anche se non va dimenticat­o il grande debito pubblico».

Gli ultimi dati macroecono­mici presentano ancora elementi contraddit­tori, e tuttavia, ci sono «direzioni di fondo chiarissim­e, con una forte correzione in positivo di tutti gli elementi di bilancio. L’Italia è il Paese che mostra le correzioni più forti». Un quadro che fa dire a Cernobbio al capo del governo che «la crisi peggiore del dopoguerra è alle spalle». Gentiloni respinge l’idea che l’Italia possa essere definita la pecora nera di un’Europa per l’instabilit­à politica. Alcune tra le maggiori economie europee hanno «una situazione di maggioranz­e fragili cui non abbiamo niente da invidiare». E la precarietà dei governi «non va confusa con l’instabilit­à che negli ultimi 70 anni non c’è mai stata, nelle scelte di politica economica ed estera. Noi non abbiamo mai riservato brutte sorprese agli alleati e agli investitor­i che hanno scommesso sull’Italia».

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