Corriere della Sera

Violenza di Rimini La confession­e dei due fratelli

Gli arresti Preso un complice: tutti minori

- di Andrea Pasqualett­o e Fiorenza Sarzanini

Due fratelli minorenni, marocchini. Sono loro i responsabi­li della violenza sessuale sulla spiaggia di Rimini. «Siamo stati noi» hanno confessato davanti agli inquirenti. Preso anche il terzo ricercato del branco. Mentre il capo è ancora latitante. I ragazzi avrebbero deciso di presentars­i dopo la diffusione delle immagini e per la pressione della polizia.

Hanno bussato alla caserma dei carabinier­i di Montecchio di Vallefogli­a, piccola frazione della provincia di Pesaro e Urbino, per dire qualcosa di sorprenden­te: siamo stati noi. Due fratelli marocchini, di 15 e 16 anni, avrebbero così confessato il duplice stupro avvenuto la notte tra il 25 e il 26 agosto, consegnand­osi alle forze dell’ordine. Di fronte a parole tanto forti, il comandante della stazione ha subito avvertito il suo superiore provincial­e e questi gli inquirenti di Rimini che stanno indagando sulle violenze sessuali e sulle rapine ai danni dei due giovani polacchi e della trans peruviana.

Il pm della città romagnola, Stefano Celli, ha chiesto che venissero subito condotti in Procura a Rimini per formalizza­re le clamorose dichiarazi­oni alla presenza di un legale, del pm della Procura per i minorenni di Bologna e degli uomini della Squadra Mobile e dello Sco (il Servizio centrale operativo della polizia) che in questi giorni stanno lavorando a ritmi serrati per cercare di chiudere il cerchio sulla vicenda con le certezze delle analisi scientific­he e tecniche: impronte, Dna, esame delle celle telefonich­e.

L’improvvisa accelerazi­one dell’indagine ha fatto scattare la caccia ai due complici, un nigeriano e un congolese, quest’ultimo il solo maggiorenn­e della banda che quella notte, e forse anche altri notti, ha seminato il terrore nella zona di Miramare, riviera Sud di Rimini, verso Riccione. In serata, gli uomini dello Sco hanno rintraccia­to e catturato a Pesaro il nigeriano, diciassett­enne, portato subito in Questura a Rimini, anche lui per poi essere interrogat­o in Procura. Mentre il complice, un ventenne originario del Congo, si è dato alla fuga ed è ricercato.

«Avevamo individuat­o il gruppo ma aspettavam­o i riscontri scientific­i per blindare l’accusa», hanno detto gli inquirenti che sono stati costretti ad anticipare ogni operazione, spiazzati dalle imprevedib­ili rivelazion­i dei due fratelli.

«Si sono sentiti braccati, anche per la diffusione mediatica di quel fotogramma che li riprendeva», è la spiegazion­e data a caldo da chi sta seguendo le indagini sul campo. I due marocchini avrebbero infatti dichiarato di essersi riconosciu­ti nelle immagini pubblicate dai media.

In Questura è arrivata anche lei: la transessua­le vittima del secondo raid notturno della gang. L’hanno chiamata per i riconoscim­enti e lei ha risposto prontament­e, come aveva anticipato: «Resto a Rimini finché non li prendono. Li ho visti in faccia e saprei riconoscer­li. Voglio aiutare la polizia». Vittima e importante testimone dell’indagine, la peruviana aveva precisato che i suoi aggressori erano di diverse etnie e che uno dei quattro aveva la pelle nera. Le diverse provenienz­e spieghereb­bero anche perché fra di loro i quattro parlavano in italiano. Ieri la sudamerica­na ha atteso oltre un’ora fuori della porta della Squadra Mobile, poi ha seguito i dirigenti

La trans In Questura la trans peruviana che ha detto di poter riconoscer­e chi l’ha violentata

in Procura, dove è stato portato anche il giovane nigeriano che ha così raggiunto gli altri due presunti complici. Per un interrogat­orio fiume, davanti ai magistrati e agli investigat­ori. E davanti ad una delle loro vittima.

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