Violenza di Rimini La confessione dei due fratelli
Gli arresti Preso un complice: tutti minori
Due fratelli minorenni, marocchini. Sono loro i responsabili della violenza sessuale sulla spiaggia di Rimini. «Siamo stati noi» hanno confessato davanti agli inquirenti. Preso anche il terzo ricercato del branco. Mentre il capo è ancora latitante. I ragazzi avrebbero deciso di presentarsi dopo la diffusione delle immagini e per la pressione della polizia.
Hanno bussato alla caserma dei carabinieri di Montecchio di Vallefoglia, piccola frazione della provincia di Pesaro e Urbino, per dire qualcosa di sorprendente: siamo stati noi. Due fratelli marocchini, di 15 e 16 anni, avrebbero così confessato il duplice stupro avvenuto la notte tra il 25 e il 26 agosto, consegnandosi alle forze dell’ordine. Di fronte a parole tanto forti, il comandante della stazione ha subito avvertito il suo superiore provinciale e questi gli inquirenti di Rimini che stanno indagando sulle violenze sessuali e sulle rapine ai danni dei due giovani polacchi e della trans peruviana.
Il pm della città romagnola, Stefano Celli, ha chiesto che venissero subito condotti in Procura a Rimini per formalizzare le clamorose dichiarazioni alla presenza di un legale, del pm della Procura per i minorenni di Bologna e degli uomini della Squadra Mobile e dello Sco (il Servizio centrale operativo della polizia) che in questi giorni stanno lavorando a ritmi serrati per cercare di chiudere il cerchio sulla vicenda con le certezze delle analisi scientifiche e tecniche: impronte, Dna, esame delle celle telefoniche.
L’improvvisa accelerazione dell’indagine ha fatto scattare la caccia ai due complici, un nigeriano e un congolese, quest’ultimo il solo maggiorenne della banda che quella notte, e forse anche altri notti, ha seminato il terrore nella zona di Miramare, riviera Sud di Rimini, verso Riccione. In serata, gli uomini dello Sco hanno rintracciato e catturato a Pesaro il nigeriano, diciassettenne, portato subito in Questura a Rimini, anche lui per poi essere interrogato in Procura. Mentre il complice, un ventenne originario del Congo, si è dato alla fuga ed è ricercato.
«Avevamo individuato il gruppo ma aspettavamo i riscontri scientifici per blindare l’accusa», hanno detto gli inquirenti che sono stati costretti ad anticipare ogni operazione, spiazzati dalle imprevedibili rivelazioni dei due fratelli.
«Si sono sentiti braccati, anche per la diffusione mediatica di quel fotogramma che li riprendeva», è la spiegazione data a caldo da chi sta seguendo le indagini sul campo. I due marocchini avrebbero infatti dichiarato di essersi riconosciuti nelle immagini pubblicate dai media.
In Questura è arrivata anche lei: la transessuale vittima del secondo raid notturno della gang. L’hanno chiamata per i riconoscimenti e lei ha risposto prontamente, come aveva anticipato: «Resto a Rimini finché non li prendono. Li ho visti in faccia e saprei riconoscerli. Voglio aiutare la polizia». Vittima e importante testimone dell’indagine, la peruviana aveva precisato che i suoi aggressori erano di diverse etnie e che uno dei quattro aveva la pelle nera. Le diverse provenienze spiegherebbero anche perché fra di loro i quattro parlavano in italiano. Ieri la sudamericana ha atteso oltre un’ora fuori della porta della Squadra Mobile, poi ha seguito i dirigenti
La trans In Questura la trans peruviana che ha detto di poter riconoscere chi l’ha violentata
in Procura, dove è stato portato anche il giovane nigeriano che ha così raggiunto gli altri due presunti complici. Per un interrogatorio fiume, davanti ai magistrati e agli investigatori. E davanti ad una delle loro vittima.