Corriere della Sera

D’Alema scettico sulla scelta di Fava L’ipotesi di virare sul governator­e

A breve un incontro Mdp-Pisapia

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«Claudio Fava non è il mio candidato...lo hanno voluto i siciliani...non è proprio una mia scelta»: parla così Massimo D’Alema, interpella­to da collaborat­ori e amici.

Il leader scissionis­ta sembra prendere le distanze dalla candidatur­a di Fava, anche se in pubblico si guarda bene dal dire qualcosa. La verità è che la candidatur­a di Fava oltre a non convincere gli uomini di Giuliano Pisapia, che ormai, alle regionali siciliane sembrano puntare a entrare nella lista civica di Leoluca Orlando, non persuade nemmeno gli esponenti di Mdp.

Beccarsi l’accusa di aver favorito la vittoria del centrodest­ra nell’isola in nome di un candidato che non viene ritenuto forte, potrebbe essere un boomerang per gli scissionis­ti del Pd. Perciò c’è chi vorrebbe tentare un’altra operazione, ben più insidiosa per il Partito democratic­o, cioè quella di appoggiare Crocetta.

Mdp si appresta già alla campagna elettorale, ben sapendo che dal Nazareno verrà agitato contro il movimento il tema del voto utile. Al quale l’ex premier D’Alema replica con queste parole: «L’unica salvezza per il Partito democratic­o siamo noi. Se siamo forti il Pd cambierà, l’ho detto a Cuperlo che noi lo facciamo anche per lui».

Ma D’Alema, da politico di lungo corso quale è, sa bene che questo suo ragionamen­to non basterà a stoppare la campagna sul voto utile. Perciò gli scissionis­ti studiano mosse e contromoss­e.

La Sicilia rappresent­a una prima tappa della rincorsa di Mdp verso le elezioni politiche. Che diventano tanto più delicate dal momento che Pisapia (il quale torna oggi dalle sue vacanze) sembra prendere le distanze dai toni e dalle scelte degli scissionis­ti. Il clima quindi non è dei migliori. «In Sicilia — accusa Marco Furfaro, uno degli uomini dell’ex sindaco di Milano — hanno preso una decisione unilateral­e: non si costruisce così un progetto». Ma Mdp sa che andare alle elezioni senza Pisapia sarebbe come andarci senza un leader (a meno di non affidarsi nuovamente ai «vecchi», come D’Alema e Bersani). Perciò si sta cercando il riavvicina­mento: è in programma a breve un incontro con l’ex sindaco, come ha annunciato Bersani. Un altro tassello della campagna elettorale di Mdp

consiste nel tentativo di cercare di stringere un patto non scritto di non belligeran­za con i grillini. Anche per questo motivo Bersani l’altro giorno è andato alla festa del Fatto (e, per la verità è anche stato un po’ contestato da quella platea). E D’Alema, per non essere da meno dell’ex segretario del Pd, ha fatto subito sapere di essere stato invitato anche lui a quella festa, ma che aveva dovuto rifiutare per un «precedente impegno». Insomma, per Mdp meglio il dialogo con i «Cinque stelle» che con Matteo Renzi.

Ma è l’ultimo tassello della campagna elettorale il più importante: non votare la legge di Bilancio, rompendo con Paolo Gentiloni e obbligando il governo a chiedere i voti a Forza Italia per poi fare campagna elettorale gridando all’inciucio e neutralizz­ando così la polemica sul voto utile. L’idea è del vero stratega di Mdp, D’Alema, ma lui in pubblico non la racconta così. È Enrico Rossi a essere più esplicito anche ufficialme­nte: «Dobbiamo far sul serio e se è il caso, rompere».

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