Corriere della Sera

Motorini

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● Il fenomeno dei motorini nelle bici è noto da quasi 10 anni. Gli unici casi fino a oggi scoperti in corsa sono quelli di una crossista belga e di un cicloamato­re italiano

● I motori erogano potenze comprese tra 60 e 300 watt

● Il motore classico è un cilindro di 5/7 cm per 1 di diametro, collegato alla pedaliera

● Un motore da 60 watt è sufficient­e a erogare una potenza in salita (circa 1 watt per kg di peso corporeo) che equivale a quella tra un dilettante e il miglior scalatore del tour

● I motori vengono azionati tramite telecomand­i nascosti sulla bici o, più comunement­e, si attivano a distanza

● Le tecniche più efficaci per trovarli sono raggi X e telecamere termiche

● Un motore sofisticat­o costa da 2 mila a 10 mila euro

● La federazion­e internazio­nale prevede fino a 6 anni di squalifica in caso di frode

Nulla è impossibil­e al Fraunhofer Institute for Nondestruc­tive Testing, tra i più importanti laboratori di analisi dei materiali d’Europa, nelle cui camere radiografi­che i bolidi di F1 vengono inseriti (interi) a caccia di fessurazio­ni microscopi­che dei telai. L’ingegner Bernd Valeske, vicedirett­ore, maneggia con attenzione uno strano tablet. È la «bacchetta magica» antifrode con cui l’Unione ciclistica internazio­nale (Uci) si difende dal più pericoloso attacco della storia alla credibilit­à delle due ruote: il doping tecnologic­o. Ai cronisti che chiedono di sapere come funziona, chi lo produce e a quali costi, la federazion­e risponde con «no comment» o scarne informazio­ni: «Se usato bene rileva ogni tipo di motore nascosto, con precisione prossima al 100%». Su 42.500 controlli effettuati in due anni, gli ispettori Uci non hanno trovato un solo caso «positivo»: i motorini nelle bici, insomma, non esistono nella realtà.

Ora, per mani sconosciut­e, il tablet è arrivato alle tv pubbliche France 2 e Ard e al Corriere della Sera che l’hanno portato a testare in Germania. L’ingegner Valeske lo passa ai raggi X. Responso: è un iPad mini con applicato un magnete da frigorifer­o che fa da antenna trasmitten­te/ricevente, incrociand­o le onde magnetiche con quelle prodotte dall’eventuale motore e, così, localizzan­dolo. Il software è analogo ai teslametri da elettricis­ta scaricabil­i (gratis o quasi) da iTunes. Analizzand­olo si scopre lo sviluppato­re: Endoscope-i, una startup di Birmingham. Esperti di magnetismo? No. Il solo prodotto finora sviluppato dagli inglesi è un supporto per iPhone che localizza il cerume nelle orecchie.

L’Uci cerca di vendere il tablet alle federazion­i nazionali. «L’obiettivo primario — spiega ai possibili acquirenti, durante i seminari, Mark Barfield, manager tecnico — è essere presenti alle corse per dissuadere i possibili truffatori». Effetto psicologic­o.

Ma il tablet funziona? Il laboratori­o tedesco l’ha testato su una bici con motorino di vecchia generazion­e, su un modello sofisticat­o «nella disponibil­ità di alcuni profession­isti», recuperato (tra Italia e Ungheria) dai cronisti. E poi su un oggetto mitologico, per la prima volta in versione «operativa»: una ruota a induzione magnetica. Il professor Valeske ispeziona le bici sfiorandon­e lentamente il telaio

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