Ruota a motore l’ultima frontiera e i dubbi sui tablet «antitruffa»
Test choc in Germania: i controlli sul doping tecnologico servono a poco
a meno di 10 millimetri, come raccomandato dall’Uci. A metà del tubo piantone si arresta: «Il campo magnetico è massimo — spiega — il motorino deve essere qui». Il diagramma a barre sullo schermo raggiunge intensità 10 su 10. È davvero qui il cilindretto a batteria (40/200 watt) che trasforma un modesto dilettante in Chris Froome? Valke termina l’ispezione e, sorpresa, il tablet lancia un secondo allarme (10 su 10) in un altro punto dello stesso tubo. E poi un terzo vicino al pacco pignoni e un quarto nel tubo obliquo: tutti punti in cui, da manuale, un motorino potrebbe azionare i pedali. Quattro motori? La bici viene passata ai raggi X, procedura che l’Uci ha prima usato e poi abbandonato: il motore è nel terzo punto rilevato dal tablet. Gli altri allarmi? Campi magnetici naturali prodotti da elementi metallici. False positività a cascata, indicate all’Uci da un rapporto commissionato al laboratorio Usa Microbac. Che si fa in questi casi? Niente. «Avremmo subìto oltre 2.000 test — spiega il meccanico italiano di un team World Tour — e mai una volta che gli ispettori abbiano chiesto un ricontrollo o smontato una bici». Tempo medio di un test all’ultimo Tour, documentato da France Tv: 12 secondi. È la ruota a induzione magnetica, che costa oltre 20 mila euro? Tre ricercatori la passano e ripassano al tablet: il grafico non si scolla dallo zero. La ruota è «pulitissima», almeno per il tablet. I raggi X mostrano invece le placche a induzione e i cavi per la trasmissione di energia, perfettamente schermati dal carbonio. La ruota che trasforma la bici in una moto, per controlli Uci è un pezzo di fibra inerte.
Tra 15 giorni il ciclismo sceglierà il suo nuovo presidente mondiale. A sfidare quello uscente, l’inglese Cookson, che ha rifiutato di incontrare i cronisti sul tema dei controlli anti frode paventando azioni legali, ci sarà il francese Lappartient, che vuole una rivoluzione nei controlli. Test preventivi su tutto il materiale dei team, che verrà punzonato, e «raccolta & controllo» di telai e ruote che i corridori top ormai cambiano con frequenza ossessiva in gara. «Nessuna caccia alle streghe — spiega Lappartient — ma la convinzione che il sistema vada salvaguardato dalla più subdola forma di doping»