Bronchite cronica Se la conosci non fumi
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che la broncopneumopatia cronico ostruttiva diventerà la terza causa di morte nel mondo. Ancora oggi però si tratta di una malattia «misconosciuta» sia da chi ne soffre sia dai medici. E per evitarla rimane fon
Due malattie in una: ecco che cos’è la broncopneumopatia cronica ostruttiva, in sigla Bpco. Gli pneumologi non potevano avere idea peggiore nell’etichettare, con una sigla quasi impronunciabile, due condizioni che anche la gente comune conosce da sempre, e cioè la bronchite cronica ostruttiva (che si presenta in maniera ricorrente con tosse, catarro, difficoltà di respiro e sovrapposte infezioni dei bronchi) e l’enfisema polmonare (che si manifesta quando il tessuto polmonare degli alveoli, quello che assicura gli scambi di ossigeno e anidride carbonica fra il sangue e l’aria, viene distrutto).
Forse è anche questo un motivo per cui la malattia, che secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel prossimo futuro rappresenterà la terza causa di morte in tutto il mondo, non sempre è presa nella giusta considerazione né dai pazienti (i fumatori pensano che un po’ di tosse sia una normale reazione al fumo di sigaretta), né dai medici, nonostante la Bpco sia stata inserita come malattia cronica nei nuovi Lea (cioè i livelli minimi di assistenza che garantiscono cure gratuite ai malati).
E c’è un’ altra questione: la Bpco riconosce nel fumo la causa principale (non l’unica, perché c’è anche l’inquinamento) ma oggi, quando si parla di danni da sigaretta si pensa subito al tumore al polmone e meno alle altre patologie che provoca.
Allora cerchiamo di definire che cos’è questa “malattia misconosciuta” che sarà fra i temi al centro del prossimo congresso dell’ Ers (l’European Respiratory Society) che si tiene a Milano dal 9 al 13 settembre. E soprattutto di capire come si affronta. «Non c’è dubbio, il fumo è l’imputato numero uno — commenta Leonardo Fabbri, già professore di Medicina respiratoria all’Università di Modena e Reggio Emilia —. Smettere di fumare è la condizione necessaria per prevenire la Bpco».
Sono almeno due milioni e mezzo le persone che in Italia devono fare i conti con la malattia e spesso ne sono anche poco consapevoli. Ma chi sono questi pazienti? «L’identikit è quello di un anziano e fumatore — dice Fabbri — che si presenta al medico di medicina generale, perché gli manca il respiro e non ce la fa più a salire le scale. Può lamentare anche fischi di notte quando respira e un senso di chiusura al torace. Si tratta di una persona che può finire al Pronto Soccorso con gravi sintomi di dispnea (difficoltà a respirare ndr) se soffre anche di altre malattie croniche».
Il sintomo tipico è, dunque, la difficoltà di respiro dovuta all’ostruzione bronchiale, cioè una riduzione del calibro dei bronchi conseguente all’infiammazione che il fumo provoca e, in altri casi, all’enfisema. La presenza di ostruzione bronchiale è la condizione necessaria perché venga posta diagnosi di Bpco. «Per la rilevazione del broncospasmo basta una spirometria — dice Fabbri — che consiste in una misurazione del respiro tramite un apposito strumento (in cui viene chiesto al paziente di soffiare ndr)».
Ma limitarsi a valutare le condizioni di bronchi e polmoni non è sufficiente, secondo le più recenti acquisizioni scientifiche sulla malattia.
«La Bpco non è una patologia a sé stante, ma va considerata una malattia sistemica — continua Fabbri —. Chi ne è affetto soffre in genere di altri disturbi, di tipo cardiovascolare per esempio, o renale, anche questi attribuibili al fumo. E in alcuni casi sintomi come la dispnea possono essere dovuti, per esempio, anche alla presenza di uno scompenso cardiaco»
Curare un paziente con Bpco significa controllare i sintomi con le terapie che ab- biamo oggi a disposizione, ma in contemporanea ricercare e curare eventuali patologie concomitanti. Le terapie anti Bpco oggi disponibili sono solo sintomatiche».
I trattamenti che vengono utilizzati in base a linee guida chiamate GOLD hanno come obiettivo è quello della prevenzione delle riacutizzazioni dei sintomi, perché queste ultime portano a un peggioramento dei danni e della funzionalità polmonare
Sono tre le categorie di farmaci usate in varie combinazioni: i cortisonici (che riducono l’infiammazione) e due classi di broncodilatatori che allargano i bronchi (i Laba, cioè i beta stimolanti e i Lama che agiscono invece sui recettori muscarinici), tutti somministrabili con dispositivi per l’inalazione.
Per ogni categoria esistono diversi prodotti, variamente associabili, ma l’ultima novità è rappresentata dalla triplice terapia “fissa”.
La prima associazione approvata dall’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, prevede un cortisonico (il beclometasone) un beta-due stimolante (il formoterolo) e un antimuscarinico (il glicopirronio), tutti associati in un unico erogatore.
A questa si aggiungerà una seconda “triplice” (con fluticasone, vilanterolo e umeclidinio) presto in arrivo. «Ma — ribadisce Fabbri — non si deve dimenticare che trattare anche le malattie concomitanti può salvare la vita dei pazienti».
L’identikit del malato Si tratta di un anziano e fumatore, che si presenta al medico di medicina generale perché gli manca il respiro e non ce la fa più a salire le scale