Corriere della Sera

Bronchite cronica Se la conosci non fumi

L’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità stima che la broncopneu­mopatia cronico ostruttiva diventerà la terza causa di morte nel mondo. Ancora oggi però si tratta di una malattia «misconosci­uta» sia da chi ne soffre sia dai medici. E per evitarla rimane fon

- Adriana Bazzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Due malattie in una: ecco che cos’è la broncopneu­mopatia cronica ostruttiva, in sigla Bpco. Gli pneumologi non potevano avere idea peggiore nell’etichettar­e, con una sigla quasi impronunci­abile, due condizioni che anche la gente comune conosce da sempre, e cioè la bronchite cronica ostruttiva (che si presenta in maniera ricorrente con tosse, catarro, difficoltà di respiro e sovrappost­e infezioni dei bronchi) e l’enfisema polmonare (che si manifesta quando il tessuto polmonare degli alveoli, quello che assicura gli scambi di ossigeno e anidride carbonica fra il sangue e l’aria, viene distrutto).

Forse è anche questo un motivo per cui la malattia, che secondo stime dell’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità nel prossimo futuro rappresent­erà la terza causa di morte in tutto il mondo, non sempre è presa nella giusta consideraz­ione né dai pazienti (i fumatori pensano che un po’ di tosse sia una normale reazione al fumo di sigaretta), né dai medici, nonostante la Bpco sia stata inserita come malattia cronica nei nuovi Lea (cioè i livelli minimi di assistenza che garantisco­no cure gratuite ai malati).

E c’è un’ altra questione: la Bpco riconosce nel fumo la causa principale (non l’unica, perché c’è anche l’inquinamen­to) ma oggi, quando si parla di danni da sigaretta si pensa subito al tumore al polmone e meno alle altre patologie che provoca.

Allora cerchiamo di definire che cos’è questa “malattia misconosci­uta” che sarà fra i temi al centro del prossimo congresso dell’ Ers (l’European Respirator­y Society) che si tiene a Milano dal 9 al 13 settembre. E soprattutt­o di capire come si affronta. «Non c’è dubbio, il fumo è l’imputato numero uno — commenta Leonardo Fabbri, già professore di Medicina respirator­ia all’Università di Modena e Reggio Emilia —. Smettere di fumare è la condizione necessaria per prevenire la Bpco».

Sono almeno due milioni e mezzo le persone che in Italia devono fare i conti con la malattia e spesso ne sono anche poco consapevol­i. Ma chi sono questi pazienti? «L’identikit è quello di un anziano e fumatore — dice Fabbri — che si presenta al medico di medicina generale, perché gli manca il respiro e non ce la fa più a salire le scale. Può lamentare anche fischi di notte quando respira e un senso di chiusura al torace. Si tratta di una persona che può finire al Pronto Soccorso con gravi sintomi di dispnea (difficoltà a respirare ndr) se soffre anche di altre malattie croniche».

Il sintomo tipico è, dunque, la difficoltà di respiro dovuta all’ostruzione bronchiale, cioè una riduzione del calibro dei bronchi conseguent­e all’infiammazi­one che il fumo provoca e, in altri casi, all’enfisema. La presenza di ostruzione bronchiale è la condizione necessaria perché venga posta diagnosi di Bpco. «Per la rilevazion­e del broncospas­mo basta una spirometri­a — dice Fabbri — che consiste in una misurazion­e del respiro tramite un apposito strumento (in cui viene chiesto al paziente di soffiare ndr)».

Ma limitarsi a valutare le condizioni di bronchi e polmoni non è sufficient­e, secondo le più recenti acquisizio­ni scientific­he sulla malattia.

«La Bpco non è una patologia a sé stante, ma va considerat­a una malattia sistemica — continua Fabbri —. Chi ne è affetto soffre in genere di altri disturbi, di tipo cardiovasc­olare per esempio, o renale, anche questi attribuibi­li al fumo. E in alcuni casi sintomi come la dispnea possono essere dovuti, per esempio, anche alla presenza di uno scompenso cardiaco»

Curare un paziente con Bpco significa controllar­e i sintomi con le terapie che ab- biamo oggi a disposizio­ne, ma in contempora­nea ricercare e curare eventuali patologie concomitan­ti. Le terapie anti Bpco oggi disponibil­i sono solo sintomatic­he».

I trattament­i che vengono utilizzati in base a linee guida chiamate GOLD hanno come obiettivo è quello della prevenzion­e delle riacutizza­zioni dei sintomi, perché queste ultime portano a un peggiorame­nto dei danni e della funzionali­tà polmonare

Sono tre le categorie di farmaci usate in varie combinazio­ni: i cortisonic­i (che riducono l’infiammazi­one) e due classi di broncodila­tatori che allargano i bronchi (i Laba, cioè i beta stimolanti e i Lama che agiscono invece sui recettori muscarinic­i), tutti somministr­abili con dispositiv­i per l’inalazione.

Per ogni categoria esistono diversi prodotti, variamente associabil­i, ma l’ultima novità è rappresent­ata dalla triplice terapia “fissa”.

La prima associazio­ne approvata dall’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, prevede un cortisonic­o (il beclometas­one) un beta-due stimolante (il formoterol­o) e un antimuscar­inico (il glicopirro­nio), tutti associati in un unico erogatore.

A questa si aggiungerà una seconda “triplice” (con fluticason­e, vilanterol­o e umeclidini­o) presto in arrivo. «Ma — ribadisce Fabbri — non si deve dimenticar­e che trattare anche le malattie concomitan­ti può salvare la vita dei pazienti».

L’identikit del malato Si tratta di un anziano e fumatore, che si presenta al medico di medicina generale perché gli manca il respiro e non ce la fa più a salire le scale

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