Nel sogno onirico di Buñuel i vizi capitali dell’odiata borghesia
Chiudiamo questa rassegna di classici dell’estate con la segnalazione di un film da 5 stellette e oltre, Il fascino discreto della borghesia di Luis Buñuel, Oscar 1974, viaggio nella poetica surreale che tocca i vertici dell’arte di questo maestro spagnolo che ha influenzato il cinema con capolavori da cui non si può prescindere, da Viridiana all’Angelo sterminatore, dal Fantasma della libertà a Bella di giorno fino a Quell’oscuro oggetto del desiderio, psico-manifesto dei nostri segreti inconsci. Don Buñuel invita a viaggiare con lui in un sogno dichiarando la sua origine onirica, ma senza dimenticare mai la discrezione di quel fascino che appartiene alla storia di potere di una classe.
Il fascino…, storia di sei borghesi in cammino e in cerca di un pasto che non riescono mai a consumare, è un classico perché parla di temi eterni, i vizi capitali dell’odiata borghesia sotto cui si nasconde una carriera di finzione, arroganza e ipocrisia; ma nello stesso tempo fatica a dirsi classico inteso come immobile nel tempo, perché dentro la storia scritta con Jean Claude Carrière si muove e ribolle una voglia di rivedere, squarciare, rimescolare l’ordine del mondo secondo principi fantastici in un’armonia che è licenza di opposti.
La trovata degli amici, spesso in «branco», cui ne succedono di tutti i colori, che quindi non possono soddisfare il loro massimo rito (il cibo, attualissima profezia), è geniale, affidata a un cast così ben sintonizzato e di una tale armonia ed eleganza che basta la- sciarsi andare e seguire il suo filo rosso.
Ci sono nomi della sua compagnia quasi stabile: da Bulle Ogier a Jean Pierre Cassel, da Fernando Rey a Delphine Seyrig, prototipi del ceto dominante, anche con quella grazia grottesca, che il maestro Buñuel ha sempre cercato di usare per attaccare la società nemica dal primo all’ultimo dei suoi film. «Il fascino discreto della borghesia» di Luis Buñuel, 1972 Sky Cinema Classic, ore 21