«Io poliziotta e quei ragazzi feroci»
Rimini Arrestato il capo della banda
«Mi colpisce la loro ferocia», dice Francesca Capaldo, che ha arrestato gli stupratori di Rimini.
ROMA La sua mano tira la maglietta di Guerlin Butungu, il congolese ritenuto il capo degli stupratori, e lo trascina in Questura poco dopo l’arresto. La foto che ha fatto il giro di tv e siti internet fissa il momento liberatorio dopo una settimana di massima tensione. Perché Francesca Capaldo, capo della sezione dello Sco (il Servizio centrale operativo) che si occupa della violenza di genere, è la poliziotta che da lunedì 28 agosto si è trasferita a Rimini e ha lavorato giorno e notte per catturare il «branco».
Avete mai pensato di non farcela?
«Mai, nemmeno per un minuto. È stato un lavoro di squadra formidabile e in una settimana siamo riusciti a braccarli tutti».
Lei ha lavorato in tandem con la collega della Mobile Roberta Rizzo. Quanto ha contato la vostra presenza per far sentire le vittime al sicuro?
«Certamente questo ha aiutato, soprattutto nella volontà di collaborazione della transessuale peruviana che ci ha fornito elementi precisi e ci ha messo sulla pista giusta. Ha capito che poteva fidarsi e ha parlato con noi senza imbarazzi. Grazie alle sue parole siamo riuscite a ricostruire ogni dettaglio, è stato come vedere con i suoi occhi che cosa era accaduto quella notte. Ed è stato davvero impressionante».
L’identikit sembra quasi una fotografia?
«La collega della polizia Scientifica ha colto perfettamente ogni dettaglio delle testimonianze e il risultato è davvero impressionante. Non a caso ho parlato di lavoro di squadra e certamente non mi riferisco soltanto alle donne».
C’è qualcosa che l’ha particolarmente colpita in questa vicenda?
«Mi occupo da tempo di questo tipo di reati, seguo numerose indagini su episodi di violenza. Ma sono rimasta impressionata dalla ferocia di questi ragazzi. Sono molto giovani, eppure hanno tirato fuori una carica d’odio enorme».
Che cosa li ha scatenati?
«Forse il fatto di muoversi in branco. Quando li abbiamo interrogati si sono mostrati mansueti. E invece il racconto delle due donne, le lesioni che hanno inferto loro, dimostrano che sono riusciti a tirare fuori una forza brutale. Erano accaniti in maniera bestiale, non mi era mai capitato di vedere una cosa del genere tra estranei. Può accadere nelle violenze in famiglia, quando c’è un rancore pregresso. Così è assurdo, non dimenticherò facilmente il terrore che ho letto sul volto della ragazza polacca».
I cittadini vi hanno aiutato?
«Abbiamo ricevuto moltissimi messaggi di solidarietà da tutta Italia, le donne di Rimini ci hanno spronato ad andare avanti. Anche oggi, quando siamo arrivati in Questura, ci hanno gridato parole di incitamento».
Butungu nega lo stupro.
«Noi stiamo lavorando affinché queste due vittime possano avere giustizia. Andiamo avanti fino a che tutti i tasselli del quadro non andranno a posto. E posso dire che molti sono già a posto».