Di Maio e Salvini alla prova «Non siamo anti europei»
Confronto a Cernobbio. Il 5 Stelle: non siamo estremisti, con noi l’Italia smart nation. Legge elettorale? Sono scettico Il segretario leghista: il mio è buonsenso. Puntiamo sulle culle, non sul Pil. E Toti: le larghe intese non servono all’Italia
Di Maio e Salvini protagonisti a Cernobbio. Presenti al Forum insieme al governatore della Liguria Toti, respingono l’immagine di anti europeisti. Di Maio scettico sulla legge elettorale, il leader leghista: «Puntiamo sulle culle, non sul Pil».
Un incontro che segna forse l’inizio di una nuova fase: quella del post populismo. Almeno per Lega Nord e 5 Stelle. L’occasione è il confronto tra le opposizioni al Forum Ambrosetti a Cernobbio: Luigi Di Maio, Giovanni Toti e Matteo Salvini hanno indicato la loro visione per il futuro dell’Italia. Toni più moderati, vocazione governativa e un attacco all’Europa e all’euro parzialmente accantonato per il pentastellato e il leghista, ieri al centro dei riflettori. È proprio Di Maio — ieri a Cernobbio con il suo braccio destro Vincenzo Spadafora e il consigliere lombardo Stefano Buffagni — a precisare che l’uscita dall’euro rappresenta per il Movimento una «extrema ratio». «Non siamo estremisti o antieuropeisti, vogliamo governare questo Paese», ha detto Di Maio, lanciando la ricetta di una smart nation, con un ruolo centrale per mobilità elettrica, Internet delle cose (uno dei cavalli di battaglia di Davide Casaleggio) e con la pubblica amministrazione pronta a prendere a modello la rivoluzione dell’home banking.
In platea c’è interesse e curiosità per il debutto del vicepresidente della Camera. Non è un caso che la maggior parte delle domande siano indirizzate a lui. Il finanziere Davide Serra chiede spiegazioni sul comportamento riguardo l’euro, il vicepresidente di Telecom Giuseppe Recchi pone una questione sui monopoli, Gian Maria Gros-Pietro (presidente del cda di Intesa Sanpaolo) domanda quali siano le coperture per il reddito di cittadinanza.
Ma l’attenzione è anche per Matteo Salvini. Il leader leghista come Di Maio è in veste istituzionale-programmatica: «Quello che la Lega diceva era passato per populismo, oggi è realtà e buonsenso». Annuncia che «il primo indicatore» a cui guarderà una volta al governo saranno le culle. La natalità. E improvvisa un sondaggio: «Alzi la mano chi di voi ha più di due figli». In platea le braccia sollevate sono meno di dieci: «E non credo che nessuno di voi abbia problemi a pagare i 600 euro al mese di retta dell’asilo nido». Insomma: «Se in Francia nascono 200 mila bambini più che in Italia non è per i bonus ma perché c’è un sistema di welfare che lo permette». Poi invoca «meno vincoli e tasse» e profetizza: «L’anno prossimo qui torniamo raccontando cosa stiamo facendo al governo».
Sulla stessa linea il governatore ligure Toti che punta sulla devolution e rilancia l’appello alla compattezza del centrodestra con un leader in fieri: «Credo che tutti possano ambire alla leadership: lo farà la persona che verrà ritenuta unanimemente dalle tante sensibilità il polo unificante per tutti». Toti boccia il proporzionale benvoluto da Silvio Berlusconi: «Non ci servono geometrie variabili o governi di larghe intese. La prossima maggioranza politica, mi auguro di centrodestra, spero possa approvare una legge elettorale che dia un governo al Paese». Sulle stesse posizioni si trova Di Maio: «Sono molto scettico sulla possibilità di fare una nuova legge elettorale» in questa legislatura.