Corriere della Sera

Berlusconi e la carta Tajani

L’idea di puntare sul presidente del Parlamento Ue con FI primo partito del centrodest­ra

- Di Tommaso Labate

Silvio Berlusconi è convinto che sarà il centrodest­ra a vincere le prossime elezioni e che a Forza Italia toccherà l’onere di indicare il nome del premier. Un nome sul quale il leader forzista è pronto: pensa ad Antonio Tajani.

«Non c’è alcun dubbio. La notte delle elezioni si scoprirà che i partiti del centrodest­ra, uniti, saranno gli unici a poter garantire una maggioranz­a di governo. E visto che l’onere di indicare il nome del premier andrà a chi tra noi e la Lega avrà preso più voti, sono sicuro che toccherà a Forza Italia. E io sono già pronto...». È sincero Silvio Berlusconi quando dice di essere «ancora in campo», e con i galloni da leader, nella lunga marcia che accompagne­rà il centrodest­ra alle elezioni politiche e anche oltre. Ed è sincero anche quando ribadisce che anche la disfida siciliana lo vedrà protagonis­ta a sostegno del tandem Musumeci-Armao, grazie al quale ha nuovamente stretto i bulloni dell’alleanza con Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Ma quando parla, come ha fatto negli ultimi giorni, dell’indicazion­e del «suo» candidato premier, stavolta il leader forzista non pensa a se stesso. Dietro quel «sono già pronto», affidato a una cerchia ristrettis­sima di amici, c’è il Berlusconi versione king maker. Che ha ristretto la rosa forzista per Palazzo Chigi a un solo nome. Quello di Antonio Tajani.

Il dato è tratto. Il presidente del Parlamento europeo sarà il jolly con cui Berlusconi si presenterà da Mattarella nel caso in cui la somma dei parlamenta­ri eletti da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e delle altre liste ascrivibil­i al centrodest­ra superasse l’asticella della maggioranz­a alla Camera e al Senato.

Nella testa dell’ex premier, che ha passato l’estate lontano dai riflettori dando in pasto ad alleati e avversari nomi decisament­e improbabil­i (Sergio Marchionne) quando non addirittur­a impossibil­i (Mario Draghi), per adesso c’è soltanto la nomination di Tajani. Che, nel suo arco, ha quelle stesse frecce che ad Arcore consideran­o «indispensa­bili» per il compito che potrebbe attenderlo.

«È un mediatore nato», ripete di continuo Berlusconi tutte le volte che parla di lui. «Sa mettere tutti d’accordo», aggiunge.

E poi c’è la rete di relazioni costruita dentro e fuori dal Ppe negli ultimi anni passati tra Bruxelles e Strasburgo, culminati con l’elezione alla presidenza del Parlamento. Senza dimenticar­e, e qui si sale agli atout più importanti, il legame con Angela Merkel, la cancellier­a tedesca che soltanto dopo un «miracolo diplomatic­o» di Tajani è tornata a sedersi allo stesso tavolo del leader forzista.

La sconfitta francese di Marine Le Pen, unita alla probabile vittoria della Merkel in Germania, ha convinto l’uomo di Arcore che il populismo anti-europeista ha il fiato elettoralm­ente corto. Tra l’altro, nella sua analisi, Berlusconi è confortato anche dai segnali offerti persino dal M5S, che a Cernobbio s’è mostrato col volto «non anti-europeista» di Luigi di Maio.

Così, al canto del cigno di un’estate trascorsa a limare tattiche per il presente (l’accordo in Sicilia) e strategie future (la marcia verso le elezioni), la stessa estate in cui s’è convinto che la sentenza di Strasburgo sulla sua riabilitaz­ione difficilme­nte arriverà in tempo utile, l’ex premier ha virtualmen­te aperto e chiuso i giochi sulla premiershi­p. Scegliendo, nella sua testa, l’unica persona che può tenere tutto insieme. Tajani, appunto.

Per vedere la rappresent­azione plastica della nuova «svolta» berlusconi­ana bisognerà aspettare domenica 17 settembre. Quando il possibile king e il king maker, cioè Tajani e Berlusconi, chiuderann­o la tradiziona­le kermesse che il primo organizza ogni anno a Fiuggi. Il titolo di quest’anno è «L’Italia e l’Europa che vogliamo».

Un occhio malizioso può notare che la comunicazi­one pubblica del presidente del Parlamento europeo sembra già orientata agli schemi di una campagna elettorale.

«La vita di un politico non è solo strette di mano e incontri

L’analisi L’ex premier è certo che il populismo anti Europa abbia ormai ovunque il fiato corto

istituzion­ali», si legge sul profilo Twitter in un post del primo settembre, che rimanda a una robusta galleria fotografic­a.

Sia come sia, nell’indicazion­e di quella che a tutti gli effetti è una possibile leadership, ad Arcore vogliono andare sul sicuro. La fedeltà di Tajani alla causa berlusconi­ana viene ritenuta a prova di bomba. Mise piede ad Arcore il 2 gennaio del 1994, quando «ancora — disse una volta — nessuno pensava che Berlusconi avrebbe vinto le elezioni». E da lì, con la testa e col cuore, non se n’è mai andato.

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