Corriere della Sera

«L’America non attaccherà: il Pentagono vuole negoziare»

Bremmer: «Adesso il rischio è allontanar­e anche Seul»

- di Massimo Gaggi

«Donald Trump paga il fallimento delle politiche verso la Corea del Nord dei suoi predecesso­ri: Clinton, Bush e Obama. E, obiettivam­ente, non ha molte opzioni a disposizio­ne per affrontare questa difficilis­sima crisi. Ma quello che sta facendo è profondame­nte sbagliato e pericoloso, al di là della gravità della minaccia rappresent­ata da Kim Jong-un: attaccando Seul per i suoi sforzi diplomatic­i e puntando nel momento più sbagliato alla cancellazi­one del trattato commercial­e con la Corea del Sud, il presidente rischia di spingere questo alleato tra le braccia della Cina e di rendere ancor più instabili le alleanze con i partner degli Usa in Estremo Oriente».

Dopo il nuovo test nucleare nordcorean­o a preoccupar­e Ian Bremmer, fondatore e capo di Eurasia, più ancora della possibilit­à di una nuova guerra, è il rischio che con le sue mosse avventate Trump metta in pericolo lo stesso ruolo svolto dall’America negli ultimi 70 anni nell’Asia affacciata sul Pacifico. Non teme il ricorso a

un’opzione militare che Trump non esclude?

«Prima di lasciare la Casa Bianca, Steve Bannon disse che un’opzione militare in Corea non esiste. In realtà c’è, ma è utilizzabi­le solo in casi davvero estremi perché le conseguenz­e sarebbero gravissime. Non credo che Trump farà questo passo e non credo che, se lo facesse, James Mattis, il capo del Pentagono, eseguirebb­e l’ordine. Si dimettereb­be piuttosto che attaccare scatenando una reazione disastrosa: rischiereb­bero di perdere la vita non solo

centinaia di migliaia di sudcoreani ma anche decine di migliaia di americani dei contingent­i militari dislocati nel Paese alleato. Anche a Seul, a pochi chilometri dalla frontiera. E Rex Tillerson, il capo del dipartimen­to di Stato, lo seguirebbe a ruota. Trump dovrebbe dare di persona gli ordini». Kim Jong-un è un pazzo con cui non si può negoziare?

«Difficile giudicare psicologia e stabilità mentale di un dittatore feroce, con poteri assoluti, che impone un’inaudita violenza di Stato. Ma non si può certo liquidare Kim cone un cialtrone: non solo in un anno ha fatto fare al suo programma nucleare più progressi di quelli registrati durante i decenni di dittatura di suo padre, ma ha anche ottenuto enormi progressi nello sviluppo dell’agricoltur­a e delle infrastrut­ture, riuscendo ad aggirare le

sanzioni. Ha fatto cose che altri dittatori, da Saddam Hussein a Gheddafi ad altri come quello del Turkmenist­an non sono mai riusciti a fare. E vuole un forte deterrente nucleare per non essere spazzato via come i leader di Iraq e Libia che avevano commesso crimini umanitari meno gravi dei suoi».

Esiste ancora un sia pur stretto sentiero diplomatic­o? La Cina si sta impegnando?

«Trump coi suoi “tweet” sbrigativi lo esclude. E anche qui è in contrasto con Mattis e Tillerson che, invece, puntano sul negoziato. Come i sudcoreani, aspramente redarguiti dal presidente. L’America su un doppio binario: è molto pericoloso. La Cina dà una mano ma non si espone più di tanto. Mi aspetto che Trump accentui le pressioni su Pechino usando l’arma commercial­e».

Kim ha fatto progressi dal nucleare all’agricoltur­a. Non è un cialtrone

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