«L’America non attaccherà: il Pentagono vuole negoziare»
Bremmer: «Adesso il rischio è allontanare anche Seul»
«Donald Trump paga il fallimento delle politiche verso la Corea del Nord dei suoi predecessori: Clinton, Bush e Obama. E, obiettivamente, non ha molte opzioni a disposizione per affrontare questa difficilissima crisi. Ma quello che sta facendo è profondamente sbagliato e pericoloso, al di là della gravità della minaccia rappresentata da Kim Jong-un: attaccando Seul per i suoi sforzi diplomatici e puntando nel momento più sbagliato alla cancellazione del trattato commerciale con la Corea del Sud, il presidente rischia di spingere questo alleato tra le braccia della Cina e di rendere ancor più instabili le alleanze con i partner degli Usa in Estremo Oriente».
Dopo il nuovo test nucleare nordcoreano a preoccupare Ian Bremmer, fondatore e capo di Eurasia, più ancora della possibilità di una nuova guerra, è il rischio che con le sue mosse avventate Trump metta in pericolo lo stesso ruolo svolto dall’America negli ultimi 70 anni nell’Asia affacciata sul Pacifico. Non teme il ricorso a
un’opzione militare che Trump non esclude?
«Prima di lasciare la Casa Bianca, Steve Bannon disse che un’opzione militare in Corea non esiste. In realtà c’è, ma è utilizzabile solo in casi davvero estremi perché le conseguenze sarebbero gravissime. Non credo che Trump farà questo passo e non credo che, se lo facesse, James Mattis, il capo del Pentagono, eseguirebbe l’ordine. Si dimetterebbe piuttosto che attaccare scatenando una reazione disastrosa: rischierebbero di perdere la vita non solo
centinaia di migliaia di sudcoreani ma anche decine di migliaia di americani dei contingenti militari dislocati nel Paese alleato. Anche a Seul, a pochi chilometri dalla frontiera. E Rex Tillerson, il capo del dipartimento di Stato, lo seguirebbe a ruota. Trump dovrebbe dare di persona gli ordini». Kim Jong-un è un pazzo con cui non si può negoziare?
«Difficile giudicare psicologia e stabilità mentale di un dittatore feroce, con poteri assoluti, che impone un’inaudita violenza di Stato. Ma non si può certo liquidare Kim cone un cialtrone: non solo in un anno ha fatto fare al suo programma nucleare più progressi di quelli registrati durante i decenni di dittatura di suo padre, ma ha anche ottenuto enormi progressi nello sviluppo dell’agricoltura e delle infrastrutture, riuscendo ad aggirare le
sanzioni. Ha fatto cose che altri dittatori, da Saddam Hussein a Gheddafi ad altri come quello del Turkmenistan non sono mai riusciti a fare. E vuole un forte deterrente nucleare per non essere spazzato via come i leader di Iraq e Libia che avevano commesso crimini umanitari meno gravi dei suoi».
Esiste ancora un sia pur stretto sentiero diplomatico? La Cina si sta impegnando?
«Trump coi suoi “tweet” sbrigativi lo esclude. E anche qui è in contrasto con Mattis e Tillerson che, invece, puntano sul negoziato. Come i sudcoreani, aspramente redarguiti dal presidente. L’America su un doppio binario: è molto pericoloso. La Cina dà una mano ma non si espone più di tanto. Mi aspetto che Trump accentui le pressioni su Pechino usando l’arma commerciale».
Kim ha fatto progressi dal nucleare all’agricoltura. Non è un cialtrone