Corriere della Sera

Più deficit e meno spesa ma per la manovra 2018 mancano altri 8 miliardi

Si va verso i 25 miliardi, il rapporto con il Pil salirà all’1,8%

- Corriere della Sera Enrico Marro

Il «sentiero è stretto», le «risorse sono limitate» e «la legge di Bilancio non deve far danni», avverte Pier Carlo Padoan. Un invito alla prudenza, questo del ministro dell’Economia, e uno stop a tutti coloro, a partire dal segretario del Pd Matteo Renzi, che vorrebbero una manovra ambiziosa, con grandi tagli delle tasse (Irpef) e rilevanti interventi per la crescita e il sostegno ai poveri. Al momento, a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia si ragiona invece su una manovra che costa nel 2018 tra i 22 e i 25 miliardi di euro e dove non tutte le coperture sono state ancora individuat­e. Mancano all’appello ancora tra i 7 e i 10 miliardi, nonostante la manovra sarà finanziata per circa 9 miliardi da un maggior deficit rispetto a quanto previsto nel Def (Documento di economia e finanza) presentato dal governo lo scorso aprile: l’indebitame­nto netto per il 2018 dovrebbe infatti salire all’1,8% rispetto all’1,2% stimato nel Def, comunque ben sotto il tetto del 3% richiesto dall’Ue e in diminuzion­e sul deficit 2017.

Quella per il 2018 sarà dunque una legge di Bilancio di

Maggior Spending deficit review

Lotta Entrate all’evasione da maggior e fatturazio­ne crescita elettronic­a del Pil manutenzio­ne, con qualche intervento per famiglie e imprese limitato dal «sentiero stretto», cioè dalla impossibil­ità di dilatare ulteriorme­nte il deficit per non pregiudica­re la diminuzion­e del debito pubblico in rapporto al Pil: una assoluta necessità per l’Italia, tanto più che il prossimo anno verrà meno l’acquisto dei titoli pubblici da parte della Banca centrale europea.

Il conto della manovra è presto fatto. Ci sono circa 15,2 miliardi di euro di «clausole di salvaguard­ia» da disinnesca­re per il 2018. Si tratta del maggior gettito che deriverebb­e dal previsto aumento dell’Iva e delle accise, che il governo ha promesso di congelare. A questi si sommano 1,5-2 miliardi necessari per finanziare i nuovi sgravi contributi­vi sulle assunzioni dei giovani; altri 1,2 miliardi (oltre a quelli già stanziati) per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici; 2 miliardi per le cosiddette spese indifferib­ili (missioni militari all’estero, trasferime­nti alle ferrovie, eccetera); 1-1,5 miliardi per gli incentivi del piano Industria 4.0 (proroga di super e iper ammortamen­to,

Ha avuto successo l’esperiment­o varato quando ero ministro sulle sezioni specializz­ate nel civile

Gli investitor­i esteri chiedono una giurisprud­enza chiara sulla interpreta­zione delle leggi Strada obbligata Si tratterà di una legge di manutenzio­ne, con qualche intervento per famiglie e imprese

credito d’imposta sugli investimen­ti aggiuntivi in formazione digitale); tra 500 milioni e un miliardo per potenziare il Rei, il reddito d’inclusione per i poveri; almeno 500 milioni per le necessità delle Province (che adesso si chiamano in modo diverso ma devono continuare a gestire scuole e strade). Si tratta in tutto di 22-23 miliardi che rappresent­ano le esigenze minime cui far fronte. Il conto salirebbe di molto se il governo rispolvera­sse l’idea di tagliare l’Irpef per il ceto medio o il cuneo fiscale per tutti i lavoratori (2,5 miliardi costa ogni punto in meno di contributi). A fronte delle necessità, per ora il governo può contare su circa 9 miliardi che verranno dal maggior indebitame­nto; su un miliardo di tagli alla spesa; forse sull’anticipo (tecnicamen­te difficile) al 2018 della fatturazio­ne elettronic­a tra privati e su altre misure di lotta all’evasione fiscale che potrebbero dare 2 miliardi; su 3 miliardi di maggior gettito se il Pil crescerà all’1,5% contro l’1% previsto finora. In tutto siamo intorno ai 15 miliardi. È vero, ci potrebbero essere anche altre entrate dall’asta sulle frequenze 5G (al massimo due miliardi), ma sarebbero una tantum. La manovra deve essere presentata entro metà ottobre. Per quella data i conti dovranno tornare.

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