Corriere della Sera

Sul lago la prova d’esame tra tecno-ottimismo e flat tax (glissando sulle coperture)

- di Dario Di Vico

Luigi Di Maio da brava recluta lo considerav­a un vero test di maturità, Matteo Salvini non l’ha caricato di particolar­i significat­i e Giovanni Toti si è limitato a interpreta­re la parte del buon amministra­tore regionale. L’esame-Cernobbio per i tre big delle opposizion­i partiva con presuppost­i diversi e di conseguenz­a ha portato anche a esiti differenti. Si è capito che nessuno di loro vuole veramente uscire dall’euro e il referendum, in passato tanto sbandierat­o, è considerat­o da Di Maio un’arma puramente negoziale (quindi scarica) e da Salvini «qualcosa che non si può fare». Amen.

Il nemico comune è il Fiscal Compact ma le ricette economiche dei Cinquestel­le e della Lega divergono radicalmen­te. Di Maio vuole da Bruxelles più flessibili­tà (come Renzi?) per finanziare gli investimen­ti di quella che ha chiamato la smart nation: una ricetta fatta di massicci stanziamen­ti pubblici canalizzat­i sulla tecnologia. Salvini, invece, ha intenzione di derogare dalle regole di Maastricht per introdurre la flat tax cara alla destra antistatal­ista. Entrambi, convinti di piegare la Ue, si prendono la libertà di glissare sulle coperture finanziari­e necessarie per rendere praticabil­i i loro progetti. Finché è possibile sfruttano la «rendita» di stare all’opposizion­e.

Di Maio per rassicurar­e la platea filo-innovazion­e di Cernobbio si è mostrato un convertito all’ottimismo tecnologic­o, niente decrescita felice ma fiducia assoluta nelle magnifiche sorti di Internet presentato come «la più grande fabbrica di posti di lavoro». Tranne cadere in contraddiz­ione subito dopo sostenendo che il reddito di cittadinan­za serve a compensare chi perderà il posto per l’avvento dell’automazion­e spinta. Non si capisce quindi se le nuove tecnologie creino o distruggan­o jobs. Lo stesso reddito di cittadinan­za è una proposta-passeparto­ut: serve all’obiettivo di cui sopra ma anche come reddito contro la povertà. Compri due, paghi uno. Piace poi la ricetta antidisocc­upazione dello spagnolo Mariano Rajoy, ma l’impression­e è che i Cinque Stelle abbiano un’idea alquanto imprecisa del mercato del lavoro iberico. Al di là però delle contraddiz­ioni di policy Di Maio voleva dimostrare ai manager di Stato presenti a Cernobbio di avere un’offerta politica competitiv­a e per questo ha anche promesso che il Movimento indicherà per tempo premier e squadra di governo. Operazione Lago quindi riuscita.

Salvini, dal canto suo, rappresent­a un partito che amministra Lombardia e Veneto, che al governo c’è stato per lunghi anni e ha avuto anche a disposizio­ne la golden share della politica italiana (casualment­e in sala c’era anche Giulio Tremonti). Ergo con la platea di Cernobbio è stato decisament­e più aggressivo di Di Maio, prima assicurand­o che tra un anno tornerà non più da outsider ma da uomo di governo e poi bacchettan­do i presenti per le culle lasciate vuote («se non fate i figli voi che avete i mezzi ...»). Il Matteo leghista si è persino presentato come guru inascoltat­o sostenendo che su banche, migranti, sanzioni alla Russia lui le cose giuste le aveva dette per tempo. Esami, dunque, non doveva darne e comunque ha fatto capire che tornerà da esaminator­e.

Toti non si era dato grandi obiettivi e quindi ha sciorinato con serenità qualche idea sul turismo e la formazione profession­ale. Faccio il governator­e della Liguria e parlo di quel che so, è stato il messaggio inviato in platea. Infine, in omaggio ai suoi trascorsi televisivi, Toti ha pensato bene di definire il futuro leader del centrodest­ra come «un’antenna per tutti».

Il vicepresid­ente della Camera, a differenza di Salvini, lo affronta come un test di maturità Mentre il governator­e ligure parla dei temi più legati al suo ruolo

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