In California il 40% del vigili del fuoco è formato da carcerati che scontano la pena
le sessioni di yoga e meditazione e il senso di comunità che li caratterizza rappresentano una alternativa relativamente allettante al carcere. Ma il lavoro è duro — i Marines dei vigili del fuoco li chiamano — e molte associazioni protestano che con una paga meno che simbolica la loro equivalga a una forma di schiavitù. E fanno pressioni sullo Stato, che grazie a questo programma risparmia la bellezza di 100 milioni di dollari l’anno, affinché dia ai detenuti almeno delle prospettive. Oggi invece quanti usciti dal carcere volessero proseguire la carriera di vigili del fuoco in modo professionale si vedrebbero sbattere la porta in faccia dai comandi di molte contee.
A Marquet Jones, che sta al campo Rainbow vicino San Diego, non importa. «Mi fa sentire bene vedere i bambini con i cartelli “grazie per aver salvato la mia casa”», dice al Times. Ma con un training così limitato, il problema della sicurezza sta facendo scendere le adesioni (-13% in nove anni, secondo il San Francisco Chronicle). A maggio un albero caduto ha ucciso un detenuto, a luglio un altro ha perso la vita dopo essersi tagliato accidentalmente con una motosega. E l’anno scorso a febbraio è morta la prima donna: Shawna Lynn Jones, aveva 22 anni e le mancavano due mesi per tornare a casa.
@marilisap