Corriere della Sera

«I profession­isti della sicurezza li devi pagare Serve un albo»

- Giovanna Cavalli

«No, le discoteche non sono diventate dei posti in cui si va a morire, questa è violenza pura e semplice che con la musica non c’entra niente». Primo disco messo su a 13 anni e oggi ne ha 55, Claudio Coccoluto è stato ed è uno dei dj più conosciuti d’Italia «e in oltre 30 anni di profession­e ne ho viste di cotte e di crude».

Sotto accusa ci sono cinque buttafuori.

«Quel San Salvador non l’ho mai sentito nominare e non so cosa sia successo davvero, però una cosa è certa: nei nostri locali seri i profession­isti non alzano un dito nemmeno se provocati allo spasimo: all’estero picchiano forte».

L’altra notte ci sarebbe stato un pestaggio mortale.

«Assurdo. Gli addetti alla sicurezza vengono assunti proprio come deterrente, hanno l’ordine di allontanar­e chi non rispetta le regole o crea problemi, concetto lontano anni luce da pugni, calci e spedizioni punitive».

Ma i locali non controllan­o in che mani si mettono?

«Da vent’anni sono socio del Goa di via Libetta, all’Ostiense, i nostri buttafuori sono fidati, hanno un percorso profession­ale serio, che fa stare tranquilli anche noi. Si parlava di istituire un albo profession­ale, con patentino e nozioni di pronto soccorso, ma finora sono rimaste chiacchier­e. Però i profession­isti li devi pagare bene, costano. Se gli dai 20 euro all’ora è ovvio che trovi gli scarti, le teste calde, i palestrati e basta».

Le è mai capitato di intervenir­e in una lite in discoteca?

«Poca roba. Tutto risolto con due chiacchier­e cordiali e una birra omaggio della direzione».

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Alla consolle Claudio Coccoluto, 55 anni, è uno dei dj più noti d’Italia

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