La ribelle dei Sessanta ora al centro di una sfida artistica e geopolitica
In mostra i suoi «Argenti». E «Spia Ottica» performance con l’attrice Irene Muscarà
La Pop art nata nell’America anni 60 — piena Guerra fredda — a Mosca? Possibile? La provocazione geopolitica c’è tutta (tanto più con le nuove tensioni sull’asse Washington-Mosca), nella mostra Giosetta Fioroni. Roma anni ‘60 al Moscow Museum of Modern Art che porta in Russia l’opera di una star della Pop art italiana. «Appunto, Pop art italiana, e infatti la sfida culturale si può leggere in due direzioni — spiega Marco Meneguzzo, che ha curato la mostra con Piero Mascitti —. Da un lato c’è il sapore politico: portare esempi di arte Pop in quello che era considerato “l’impero del male”. Però Giosetta Fioroni è un’esponente della Pop art sì, ma italiana, e quindi preferisco pensare al progetto come al lavoro per far approdare a Mosca un pezzo importante di arte italiana».
«E a proposito di Pop art italiana — nota Meneguzzo —, è il caso di sottolineare la peculiarità della nostra arte pop a differenza di quella americana, i tanti livelli di lettura a cui si presta. Quello più immediato certo, con il colore e le donne, quello che aveva in mente Warhol.
Ma nel caso del Pop italiano anche interpretazioni più sofisticate». In mostra si vedranno i famosi «Argenti» di Fioroni, «sono il suo marchio di fabbrica, così come gli accenti politici lo furono per il lavoro di Angeli o gli elementi cinematografici per Schifano. Il risultato di questa scelta espressiva, dell’argento su tela grezza, è un effetto «fantasma», con un rimando
anche al mezzo fotografico, ai sali d’argento dei dagherrotipi. Solo più avanti, negli 80 e 90, l’artista inizierà a lavorare di più con i colori, ma il cuore della sua produzione restano i 6070».
E i 60 sono quelli della contestazione che arriva a lambire anche la Laguna e la Biennale. «Nel ‘64 la Biennale apre le porte alla Pop art italiana, e quindi anche a Fioroni, che approda a Venezia con Franco Angeli, Tano Festa, Titina Maselli, Mario Schifano, esponenti della Scuola di Piazza del Popolo, fucina della Pop art in chiave italiana».
Al centro del percorso espositivo moscovita ci saranno alcune opere importanti, come il bozzetto della Biennale di Venezia del ‘64, o «Glamour». Non solo, tra le iniziative collaterali della rassegna, inserita nel calendario culturale di Cosmoscow (fiera dell’arte russa) — 50 anni dopo la sua prima esecuzione — ci sarà anche la performance Spia Ottica.
«Non fu la prima performance di quegli anni ma la prima a tema sociale: l’azione “passa” attraverso uno spioncino grazie al quale il visitatore può spiare la vita di una donna che si alza, si trucca, fa cose banali ma è il dove le fa a contare: chiusa in una stanza dalla quale non può uscire», nota Meneguzzo.
È l’inizio della grande stagione delle performance che poi artisti come Marina Abramovich cavalcheranno con successo. «A Mosca Spia Ottica sarà interpretata da un’attrice italiana che vive in Russia, Irene Muscarà: così il pubblico russo vedrà la performance che da ultimo ha avuto successo a Frieze New York e a Milano alla Fondazione Prada», aggiunge Olga Strada, direttrice dell’Istituto italiano di cultura a Mosca.
Una conferma del valore internazionale della nostra arte italiana. Ma in Russia? «Il mercato del contemporaneo italiano a Mosca è ancora nuovo, con pochi grandi collezionisti che acquistano da Sotheby’s o Christie’s, e operazioni come questa aiutano a generare attenzione. Fioroni, per esempio, non era molto conosciuta. Ma il progetto è piaciuto subito: nel 1969 Fioroni venne in Russia con il suo amore Goffredo Parise. Senza contare che l’operazione segue il lavoro fatto per portare a Mosca altri artisti come Agostino Bonalumi, e alla Biennale d’arte di Mosca organizzeremo un seminario sul recupero delle opere contemporanee con esperti della Scuola di restauro della Venaria Reale».