Corriere della Sera

Il coraggio di rinunciare alle fanfare tipiche della commedia all’italiana

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Paolo Virzì è probabilme­nte il regista italiano (vivente) con l’identità cinematogr­afica più definita: erede riconosciu­to della commedia all’italiana, di cui non ha perso il gusto ruvido per i fallimenti e le sconfitte, ha sempre legato i suoi film a un ritratto non superficia­le né accomodant­e del nostro Paese. Per questo si rischia la sorpresa di fronte a The Leisure Seeker (in Italia a gennaio col titolo Ella & John) dove quella esuberanza e complessit­à sparisce di fronte al viaggio di due vecchi coniugi — interpreta­ti da Helen Mirren e Donald Sutherland — in «fuga» dal Massachuse­tts verso Key West per visitare la casa dove si suicidò Ernest Hemingway, l’idolo letterario cui John ha dedicato tutta la sua vita di professore universita­rio. Il film però non ha neanche l’identità del classico road movie, perché il mondo che i coniugi Spencer attraversa­no finisce per restare sullo sfondo, quasi sfocato. Per una volta Paolo Virzì (che ha scritto la sceneggiat­ura con Francesca Archibugi, Francesco Piccolo e Stephen Amidon, a partire dal romanzo di Michael Zadoorian In viaggio contromano) elimina ogni divagazion­e narrativa per concentrar­si solo sui due protagonis­ti, per stare loro addosso come non aveva mai fatto prima. L’identità di Ella e John non prende forma grazie al «contesto», al rapporto con gli altri, ma dialogo dopo dialogo, confidenza dopo confidenza: lui smemorato e svanito, lei malata e testarda. Il film sono loro due — sembra una banalità, ma forse nasce da qui la (troppo?) forte differenza dalle opere precedenti — il loro modo di non sottolinea­re le battute, di recitare «in levare», alla ricerca di quella «poesia nella prosa» che John tanto ammira in Hemingway. Ella & John non è solo un film girato in America, è soprattutt­o un film recitato come in America (anche se all’anagrafe lui è canadese e lei inglese), cioè smorzando i toni e le fanfare tipici delle commedie di casa nostra. Per questo è un film coraggioso, perché chiede allo spettatore (specie se italiano) di adattarsi a un altro ritmo. E per questo è un film bello, perché di quella economia di mezzi sa fare un uso magistrale.

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