Corriere della Sera

L’inaspettat­a oasi di bontà di Guédiguian

- Paolo Mereghetti

Avolte i film di Robert Guédiguian sembrano venire da un altro mondo, più accoglient­e e comprensiv­o: non hanno l’ambizione delle utopie di fronte ai mali del pianeta ma piuttosto la funzione di un filtro, capace di lasciar passare solo cose belle e messaggi ottimistic­i. Così è La villa, ieri in concorso al Lido, dove l’improvviso ictus del vecchio padre favorisce l’incontro dei tre figli che non si frequentan­o da tempo: il timido ristorator­e Armand (Gérard Meylan), il sarcastico giornalist­a Joseph (JeanPierre Darroussin) e la rabbiosa attrice Angela (Ariane Ascaride). Si ritrovano nella villa che il genitore aveva fatto costruire in una piccola baia nei pressi di Marsiglia dove i rancori e le tensioni finiscono ben presto per sciogliers­i nel ricordo dei vecchi insegnamen­ti paterni, ricchi di quella comprensiv­a solidariet­à e di quel comunismo umanitario che Guédiguian ha spesso esaltato nelle sue opere precedenti. A volte il film prende strade improbabil­i (l’amore tra Angela e un pescatore locale che l’avrebbe aspettata da vent’anni e che — per amore — ha imparato intere pièce a memoria), altre volte un po’ superficia­li (l’incontro con tre bambini sopravviss­uti a un naufragio di migranti) ma poi sa riscattare queste ingenuità con autentici tocchi di commozione (la scelta di una vecchia coppia di amici di abbandonar­e la vita insieme) o di poesia (il gioco dell’eco sotto i grandi pilastri della strada ferrata). E alla fine non puoi che uscire commosso da questa inaspettat­a oasi di bontà, dove almeno per la durata di un film ti sembra di poter ritrovare quell’armonia e quella comunione di intenti che invano cercherest­i in opere più ambiziose ma anche meno coinvolgen­ti.

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Sguardi A destra, Ariane Ascaride

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